Perché segnalare i posti di blocco su WhatsApp (o su Facebook) è un reato

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-01-23

Da quando esistono posti di blocco per il controllo della velocità e la rilevazione del tasso alcolemico gli automobilisti si sono ingegnati per evitare di finire nelle “grinfie” di Carabinieri, Polizia e soprattutto degli odiatissimi agenti della Polizia Locale, i vigili urbani. Con l’arrivo di Facebook e di WhatsApp questo desiderio ha trovato risposta in …

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Da quando esistono posti di blocco per il controllo della velocità e la rilevazione del tasso alcolemico gli automobilisti si sono ingegnati per evitare di finire nelle “grinfie” di Carabinieri, Polizia e soprattutto degli odiatissimi agenti della Polizia Locale, i vigili urbani. Con l’arrivo di Facebook e di WhatsApp questo desiderio ha trovato risposta in una soluzione tecnologica alla portata di tutti. Addio ai compact-disc usati nella speranza di riflettere i raggi dell’autovelox e a sistemi artigianali per abbassare il tasso alcolico.

autovelox whatsapp gruppi segnalazione reato - 1

Sono arrivati i gruppi Facebook, comunità di utenti residenti nella stessa area geografica dove vengono segnalate le postazioni mobili delle Forze dell’Ordine. Nel 2015 un caso fece scalpore a Padova quando un dirigente della Polizia Stradale si scagliò contro un gruppo Facebook “posti di blocco in tempo reale a Padova”, usato soprattutto durante il fine settimana, dove gli utenti potevano avvisare della presenza dei pattuglioni. Un anno dopo nei confronti degli utenti  di un gruppo analogo “Posti di blocco in tempo reale a Lecco” era partita una denuncia per  interruzione di pubblico servizio (articolo 340 del codice penale) e diffamazione aggravata dall’utilizzo del mezzo stampa. Il gruppo, segnalato dal Commissariato di Polizia Postale era poi stato chiuso.

autovelox etilometro posti blocco whatsapp gruppi segnalazione reato - 2
via Facebook.com

La battaglia contro autovelox e etilometri si è spostata in luoghi più “privati” e quindi meno accessibili: i gruppi WhatsApp. Ma la sostanza non cambia: segnalare i posti di blocco rimane un reato. E così la polizia di Agrigento ha denunciato i 62 membri di un gruppo WhatsApp dove venivano segnalati i posti di blocco ai sensi dell’art. 340 del codice penale. L’indagine è partita in seguito al ritrovamento casuale del telefono di uno degli iscritti al gruppo, secondo gli inquirenti si tratta di «un sistema efficace che finiva per vanificare  il buon esito del controllo del territorio intrapreso». Le pene previste per il reato di turbativa di pubblico servizio arrivano ad un anno di reclusione al quale va aggiunta la sanzione amministrativa (42 euro) e la decurtazione di un punto della patente.

Leggi sull’argomento: Come si diventa Navigator del Reddito di Cittadinanza

 

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