Ponte o tunnel: il progetto del governo sullo Stretto di Messina

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-07

Anche l’esecutivo Conte vuole cimentarsi nel tentativo di riesumare la grande opera incompiuta per eccellenza della politica italiana. Vediamo come

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Il governo riapre il dossier dello Stretto di Messina e pensa a un progetto di fattibilità, ovvero a uno studio per valutare le opzioni di collegamento stabile dopo lo sblocco della Salerno-Reggio Calabria veloce e l’accelerazione della Catania-Messina-Palermo. Scrive oggi Giorgio Santilli sul Sole 24 Ore:

A ore – se non è già accaduto alla fine del Consiglio dei ministri notturno che ha esaminato il decreto legge semplificazioni e l’allegato Infrastrutture al Def contenente il piano delle opere prioritarie del governo – il premier e la ministra daranno l’annuncio della decisione di procedere con un nuovo progetto di fattibilità tecnico-economica (e anche ambientale) che metta a confronto le diverse opzioni possibili per l’attraversamento dello Stretto: ci sarà inevitabilmente il vecchio progetto del ponte a campata unica della società Stretto di Messina, per cui è ancora in corso un contenzioso con il general contractor Eurolink; ci sarà quasi certamente un nuovo progetto di ponte a più campate; rispunterà anche l’ipotesi del tunnel o dei tunnel subalvei.

ponte sullo stretto messina due miliardi
Ponte sullo Stretto di Messina, i numeri dell’opera (Corriere della Sera, 3 ottobre 2016)

Sono pronti una cinquantina di milioni di euro per decidere quale sia la soluzione più opportuna per garantire la realizzazione dell’anello mancante nel disegno di mettere nella rete dell’Alta velocità l’intero Paese. Il rilancio sullo Stretto di Messina suonerà a molti anche come una prova dell’accelerazione che il premier vuole imprimere ai programmi infrastrutturali del suo governo. E di quelli per lo sviluppo del Mezzogiorno, in particolare. Una conferma che sulla doppia partita delle grandi opere e del Mezzogiorno il premier fa sul serio.

ponte stretto messina

Il problema di questi progetti è però atavico: nel 2016 il governo Renzi disse di voler stanziare due miliardi di euro di fondi europei nella grande opera incompiuta per eccellenza italiana. Quando ha annunciato l’ideona, Renzi parlava durante la cerimonia per i cento anni di Salini-Impregilo, ovvero la capofila di quel pool di imprese che aveva stipulato un contratto con il governo italiano per la costruzione del ponte (l’esecutivo ha approvato un progetto definitivo nel luglio 2011) e che ha chiesto un risarcimento danni  pari a 790 milioni di euro. Il consorzio Eurolink, formato da Salini-Impregilo, Sacyr e Harima, partecipò a una gara lanciata nel 2004 e vinta a fine 2005 per un importo pari a 3,8 miliardi di euro: il contratto venne firmato il 27 marzo 2006. Poi alle successive elezioni vince Prodi e blocca i fondi pubblici per l’opera. Quando torna in sella Berlusconi i fondi vengono di nuovo stanziati, mentre il progetto definitivo viene consegnato nel 2011 e approvato dalla Società Stretto di Messina, a partecipazione totale IRI, nel luglio 2011. Manco a dirlo, nel frattempo i costi sono lievitati e l’ammontare totale viene aggiornato a poco più di cinque miliardi. La gara lanciata nel 2004 è stata vinta a fine 2005 e il contratto firmato per 3,8 miliardi il 27 marzo 2006. Prodi vince le elezioni e tra le prime cose che fa (Dl 262/2006) c’è la revoca dei fondi pubblici all’opera e l’operazione viene congelata. Torna Berlusconi e si riparte, con imprese invitate a progettare e fondi ristanziati nel 2009. Il progetto definitivo viene consegnato da Eurolink nel dicembre 2010, e approvato dalla Stretto di Messina nel luglio 2011. Il valore del contratto viene poi aggiornato a 5,215 miliardi. Poi lo stop con Monti e la richiesta di danni per 700 milioni di euro – ma per l’Avvocatura di Stato se ne rischierebbero al massimo 30. Il Sole 24 Ore fa sapere oggi che il contenzioso con Eurolink potrebbe costituire un serio intralcio a decisioni alternative alla prosecuzione del vecchio progetto a campata unica voluto dalla società Stretto di Messina, guidata da Pietro Ciucci, in attuazione dei piani del governo Berlusconi.

La Stretto di Messina è stata posta in liquidazione, con la nomina di un commissario liquidatore, dal governo Monti con  la legge 221/2012 e decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri del 15 aprile 2013. Lo scioglimento della società ha superato nel dicembre 2019 anche l’esame della Corte costituzionale. Il contenzioso aperto da Eurolink contro la società Stretto di Messina (posta in liquidazione con la legge 221/2012), la Presidenza  del Consiglio e il ministero dei Trasporti, vale 800 milioni di euro circa ed è fermo al giudizio di appello. In primo grado il Tribunale civile di Roma ha rigettato il ricorso e le domande di risarcimento.

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