Economia
Il piano per la Grecia fuori dall'euro
neXtQuotidiano 12/01/2015
Banche e istituti finanziari europei stanno lavorando agli stress test e rispolverando un piano d’emergenza per la possibilità che la Grecia possa lasciare l’Unione Monetaria della regione dopo le elezioni. Tra le aziende che secondo il WSJ hanno cominciato ad affrontare le simulazioni Citigroup e Goldman Sachs
Un piano per calcolare l’impatto e ridurre i danni del Grexit, finora soltanto presunto ed escluso da Syriza e Tsipras ma evidentemente considerato comunque un pericolo a cui prepararsi. Ne parla il Wall Street Journal in un articolo a firma di Chiara Albanese, che racconta come banche e istituti finanziari europei stiano lavorando ad alcuni stress test e rispolverando un piano d’emergenza per la possibilità che la Grecia possa lasciare l’Unione Monetaria della regione dopo le elezioni. Tra le aziende che secondo il WSJ hanno cominciato ad affrontare le simulazioni ci sono Citigroup e Goldman Sachs. I piani prevedono controlli dettagliati sulle controparti che potrebbero essere interessate da un’uscita della Grecia, le esposizioni creditizie e i finanziamenti transfrontalieri per le operazioni nel Paese.
IL PIANO PER LA GRECIA FUORI DALL’EURO
Il piano viene dopo che il governo di coalizione al potere ha deciso di fare delle elezioni un sondaggio o un referendum sulla permanenza nell’euro della Grecia, facendo notare che le politiche antiausterity di Syriza costringerebbero a una rottura con le controparti che finora tengono a galla Atene. Syriza però, come sappiamo, per ora ha una strategia più complessa che non include un’uscita della Grecia dal patto della moneta unica, e sta cercando fuori da Atene sponsor per la sua credibilità. Secondo gli analisti di Commerzbank le possibilità che il paese esca dall’euro sono al 25%. «Spero per il meglio ma mi preparo al peggio», dice però Frederic Ponzo, managing partner di una società finanziaria che ha messo alla prova i propri sistemi di sostenibilità per cambiamenti epocali come un crollo del prezzo del petrolio o il referendum sull’indipendenza della Scozia. Per alcune entità finanziarie questo significa soltanto rispolverare i piani elaborati un paio d’anni fa, quando l’eurozona sembrava sul punto di rottura: già nel 2012 banche, brocker e società finanziarie che avevano esposizioni su attività greche avevano messo a punto un piano di emergenza per ridurre al minimo le conseguenze di una rottura. Alla fine del 2011, l’ex Chief Executive di ICAP David Rutter ha detto che la sua azienda aveva fatto stress test sulla sua piattaforma EBS per tutte le 17 valute che sarebbero riemerce nel caso di una rottura completa della zona euro. Stress test simili sono stati condotti questa settimana, secondo alcune fonti. Altre banche hanno utilizzato piani simili sulle piattaforme di negoziazione per vedere in che modo reagirebbe il loro sistema. E l’Italia? «Il belpaese potrebbe seguire i passi della Grecia se l’uscita si rivelerà un successo nel fornire un certo sollievo alla crisi economica del paese», ha detto il capo dell’area valutaria di una grande banca europea.
IL PIL DELL’EUROZONA
Intanto sulla crescita dell’Eurozona continuano a pesare i timori legati all’esito delle elezioni greche, e l’incremento del PIL proseguirà ”contenuto” nei prossimi trimestri. A previsione e’ contenuta nell’Eurozone economic outlook curato da Istat, Ifo e Insee, secondo cui nel quarto trimestre del 2014 l’attività economica nell’area euro è attesa crescere dello 0,2%, lo stesso tasso registrato nel terzo trimestre. L’evoluzione positiva proseguirà anche nei primi mesi del 2015: il Pil è previsto espandersi dello 0,3% sia nel primo sia nel secondo trimestre, trainato principalmente dalla domanda interna, stimolata a sua volta dai bassi prezzi energetici. «Il miglioramento nel mercato del lavoro», si legge nel rapporto, «sarà graduale e i consumi privati verranno sostenuti dal moderato incremento del reddito disponibile, conseguenza dei modesti aumenti salariali e dalla bassa inflazione legata anche alla recente caduta del prezzo del petrolio. Gli investimenti torneranno a crescere moderatamente nel 2015, stimolati dall’accelerazione della domanda interna ed estera e dal miglioramento delle condizioni di finanziamento». Assumendo per il periodo di previsione una stabilizzazione del prezzo del petrolio intorno a 56 dollari per barile e un tasso di cambio di 1,21 dollari per euro, l’inflazione e’ prevista toccare il minimo nel primo trimestre 2015 per poi tornare a crescere lentamente nel secondo. Sullo scenario, conclude l’outlook, «i principali rischi al rialzo sono legati all’ulteriore deprezzamento dell’euro e alla caduta del prezzo del petrolio, entrambi in grado di assicurare stimoli alla domanda interna e estera. I rischi al ribasso dipendono» invece «principalmente dalle ripercussioni degli esiti delle prossime elezioni Greche sulla stabilita’ dell’area dell’euro».