Le phone farm danneggeranno l’economia del web?

di Armando Michel Patacchiola

Pubblicato il 2019-08-09

Internet è una fonte inesauribile di informazioni sui comportamenti sugli utenti, ma la sempre più ampia diffusione delle click farm sta contaminando i dati.

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Internet è una fonte inesauribile di informazioni sui comportamenti sugli utenti, ma la sempre più ampia diffusione delle click farm sta contaminando i dati. Le click farm (o phone farm) sono una sorta di fabbriche dei click che su richiesta dei clienti, e in modo automatico gonfiano i dati sulle visualizzazioni, sulle recensioni e sui download di applicazioni o siti di varia natura. Si tratta di un semplice stratagemma, sempre più usato dalle aziende, che comprano follower o like a fini promozionali o commerciali, per velocizzare i profitti e dare una buona impressione ai clienti. Ma numerosi studi stanno dimostrando come questa prassi sia un boomerang in grado di generare un vero e proprio danno al settore della web economy. Questi meccanismi, infatti, creano dei veri e propri circoli perversi in cui la quantità delle interazioni o dei commenti non genera nessun effetto concreto, se non quello di dare impressioni fuorvianti.

Sempre più click farm a Shenzen

Se è vero che il click fraudolento è noto da tempo, come dimostrano per esempio le molte fabbriche dei click scovate negli anni scorsi in Bangladesh, è anche vero che negli ultimi anni il fenomeno sta crescendo sempre più anche altrove: almeno del 50 percento su base annua secondo alcune stime. Anche in Cina, uno dei principali poli manifatturieri del pianeta, questo fenomeno è sempre più diffuso. Con circa 800 milioni di utenti, il gigante asiatico rappresenta il più ampio mercato di utenti di smartphone al mondo, mentre il giro d’affari degli annunci pubblicitari on line è stato valutato in 500 miliardi di dollari. Spesso molte aziende cinesi gonfiano i numeri delle visualizzazioni o delle proprie reti social per aumentare la propria fetta pubblicitaria. Lo scorso anno la CCTV, la tv di stato cinese, ha stimato che il 90 percento delle visualizzazioni realizzate da alcuni siti cinesi sono risultate false. Un numero davvero alto. Quella del click farm è una pratica ritenuta illegale in Cina, ma ciò nonostante nel sud del Paese, soprattutto a Shenzen, uno dei poli elettronici più sviluppati al mondo, si stanno registrando sempre più imprese di questo tipo.

Negli Stati Uniti sempre più persone preferiscono essere click farmers

Anche negli Stati Uniti, l’economia più florida del pianeta, il cui Pil è arricchito per il 6.9 percento dal settore dell’economia digitale, si sta diffondendo sempre più questo tipo di attività. Lì, in generale, nel 2017, la digital economy ha generato 5.1 milioni di posti di lavoro. Numeri destinati a crescere anche grazie alla sempre maggiore diffusione delle phone farmers. Sempre più famiglie, infatti scelgono come hobby o come secondo lavoro, di metter su delle piccole click farmers. Questa tendenza va sempre più a erodere i settori della sharing economy come Uber, l’applicazione che mette in collegamento gli autisti facendo concorrenza ai tassisti. Joe D’Alessandro, un ventenne statunitense, può essere considerato uno dei più bravi e fortunati. La sua phone farm sta infatti avendo molto successo e i suoi guadagni possono essere considerati un vero e proprio stipendio che spesso raggiunge i 2000 euro al mese.

Dalle phone farmers alle piattafome a Perk tv

La guerra dei giganti del web, come Facebook, Twitter e Google, sta dando del filo da torcere ai phone farmers. Gli ingegneri stanno rendendo sempre più difficili gli algoritmi di ricerca e i parametri valutativi, rendendo gli automatismi sempre più complessi e complicati, tanto che sia negli Stati Uniti, come in Cina questa mansione è sempre più delegata a lavoratori in carne e ossa, che sono più costosi ma evitano rischi di ban. Sono diverse, visto che si tratta di piattaforme già organizzate e operative, le esperienze su siti come Perk Tv, Swagbucks o Mypoints, dove in sostanza si pagano gli utenti per vedere i contenuti proposti. Ma anche qui i proventi bassi, spesso elargiti con buoni Amazon, hanno spinto in molti a “barare” utilizzando più dispositivi contemporaneamente senza che poi il prodotto visualizzato sul display sia stato effettivamente visto.

Perché il click farming è dannoso?

In Italia si è parlato molto de “la Bestia”, il sistema che controlla le reti social del leader della Lega Matteo Salvini e che, dopo accurate analisi, fornisce i dati su quali siano i post che ottengono i migliori risultati e a quale target o classe sociale corrispondano gli utenti che vi hanno interagito. Questi studi, per esempio, forniscono input su quale argomento sia meglio trattare e quale invece sia invece meglio tralasciare. In questo senso i click farmers possono fuorviare, vanificando, le strategie della comunicazione politica. Nel mondo nel 2019 la spesa del marketing legata all’influencer è stata stimata attorno ai 8,5 miliardi di dollari, e questo giro d’affari, secondo una ricerca di Mediakix, potrebbe raggiungere i 10 miliardi di dollari nel 2020. Un altro report stilato dall’Università di Baltimora e dall’azienda statunitense Cheq ha però stimato in 1,3 miliardi di dollari il danno generato sia dai troll, come comunemente vengono chiamati gli account falsi, sia dai click farmers. Un altro settore tra i più danneggiati è quello legato ai mancati introiti pubblicitari. L’algoritmo qui è più semplice: a false visualizzazioni non corrisponde nessuna vendita del prodotto in promozione. Nel 2017 è stato rilevato che circa un click sugli annunci pubblicitari su cinque è stato falso. Le perdite stimate per questi cortocircuiti sono state di circa 16,4 miliardi di dollari ogni anno.

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