Perché Renzi si attacca al voto degli italiani all'estero per il referendum del 4 dicembre

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-01

Il premier si convince che se i due terzi di chi vota dall’estero è per il sì Sì riuscirà a colmare il divario con il No. Ma sulle intenzioni di voto dei nostri connazionali residenti all’estero non ci sono dati certi. L’unica cosa che si sa è che storicamente durante le consultazioni referendarie il voto dall’estero ha un peso maggiore rispetto alle politiche

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Oggi alle 16 (ora locale) scade il termine per gli elettori residenti all’estero per votare al referendum costituzionale di domenica 4 dicembre e inviare il plico ai consolati che li raccoglieranno e spediranno in Italia. Lo spoglio delle schede elettorali provenienti dall’estero avverrà infatti in contemporanea a quello delle schede “nazionali” e verrà effettuato a Castelnuovo di Porto. Secondo Matteo Renzi è proprio in quel capannone a Castelnuovo di Porto dove si giocheranno i destini della sua riforma costituzionale. Il Presidente del Consiglio sembra infatti convito che i voti provenienti dall’estero saranno il vero ago della bilancia che potrebbero consentire al Governo di portare a casa il risultato.

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Il plico con il materiale per il voto dall’estero, in rosa la scheda per il referendum

Cosa voteranno gli italiani all’estero?

Con gli ultimi sondaggi che danno ancora il No in testa allora l’ultima speranza per Renzi sono proprio quei quattro milioni circa di votanti dall’estero: “Se il Sì riesce a conquistare il consenso dei due terzi degli italiani all’estero – ha detto ieri durante un’intervista al quotidiano belga Le Soirallora ce la possiamo fare“. Il Premier sembra quindi convinto che i nostri connazionali che votano all’estero possano cambiare le sorti del voto. Lo fa spiegando che se la maggior parte degli aventi diritto “in trasferta” votasse Sì, e se le percentuali di votanti “in casa” rimanessero su quelle delle elezioni europee del 2014 (58% pari ad 28 milioni di aventi diritto) allora i voti provenienti dall’estero a favore del Sì potrebbero pesare addirittura il 3% (tenuto conto che complessivamente il voto dall’estero rappresenta circa l’8% del corpo elettorale). Quanto basta, sulla carta, per colmare il divario tra Sì e No (tenendo conto anche del margine di errore statistico) che potrebbe davvero cambiare le sorti della consultazione elettorale.

Magari questa volta  si può arrivare a un milione e mezzo di voti all’estero. Se noi ne prendessimo un milione, allora l’ago della bilancia si sposterebbe

C’è più di un problema però, innanzitutto – e Renzi lo sa bene – lo stesso genere di ragionamento può essere fatto sul fronte opposto, non a caso il Comitato per il No da diverse settimane punta il dito contro la procedura di voto per gli italiani residenti all’estero e ha annunciato di essere già pronto a fare ricorso in caso i voti risultassero determinanti per la vittoria del Sì. In secondo luogo alle ultime politiche (nel 2013) il numero di voti provenienti dall’estero è stato di un milione e centomila (pari al 32,11% degli aventi diritto nella circoscrizione esteri), quindi poco più di quello di cui “avrebbe bisogno” Renzi per vincere (all’epoca gli aventi diritto erano poco più di tre milioni, e in questi anni sono aumentati di 700 mila unità). Anche perché il Presidente del Consiglio nel suo ragionamento dà per scontato che andrà a votare almeno un milione e mezzo di elettori e che di questi un milione deciderà di votare Sì. All’ultimo referendum, quello “sulle trivelle” hanno votato 700 mila aventi diritto residenti all’estero, ma è innegabile che quella consultazione fosse – soprattutto per chi vive all’estero – decisamente marginale rispetto alle modifiche alla Costituzione. C’è infine la questione che nei sondaggi non sono generalmente conteggiate le intenzioni di voto degli elettori residenti all’estero. Questo accade soprattutto per un motivo metodologico dal momento che i vari istituti che si occupano di rilevazioni elettorali non hanno modo di costruire un campione statisticamente rappresentativo di quella categoria di elettori. Pertanto non esiste alcun sondaggio serio che dica che i due terzi degli elettori “stranieri” stanno con il Sì (o con il No) quindi quella di Renzi (e del Comitato per il No) è al massimo una speranza (se non una pia illusione). Non sarebbe però la prima volta che i voti dei nostri connazionali residenti all’estero potrebbero risultare decisivi: alle elezioni 2006 Romano Prodi riuscì a sconfiggere Silvio Berlusconi anche grazie ai voti provenienti dalla circoscrizione estero che proprio a quelle elezioni partecipava per la prima volta al voto. Inoltre bisogna tenere conto che in occasione dei referendum i voti provenienti dall’estero pesano di più che alle politiche perché valgono quanto quelli di chi vota in Italia mentre alle politiche gli elettori all’estero eleggono – in proporzione al loro numero – una quota inferiore di parlamentari rispetto a chi vota in Italia.

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