Ma davvero questa sarà la scheda del Senato della Autonomie dopo la riforma costituzionale?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-11-30

Tre quarti dei 100 nuovi senatori potrebbero essere eletti direttamente dagli elettori al momento del rinnovo dei Consigli Regionali. Lo dice una bozza di legge elettorale presentata ad inizio anno da alcuni senatori della minoranza PD che ieri Matteo Renzi sembra aver voluto appoggiare quando ha presentato il facsimile di scheda elettorale per il Senato. Andiamo a vedere cosa c’è dentro…

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Ieri il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha finalmente rivelato all’Italia – a soli cinque giorni dal referendum costituzionale – in che modo il Governo prevede si svolgeranno le elezioni del nuovo Senato. La faccenda è interessante perché solo di recente il Partito Democratico si è accorto dell’esistenza di un disegno di legge presentata il 20 gennaio 2016 dai senatori Dem Federico Fornaro e Vannino Chiti recante Norme per l’elezione del Senato della Repubblica.
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Come verranno eletti i 74 senatori-consiglieri regionali

La riforma della Costituzione infatti non specifica la modalità con la quale verranno eletti (i sostenitori del No dicono “nominati”) i nuovi senatori. La riforma ha abrogato infatti l’articolo 58 della Costituzione, che prevede che i senatori siano eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età. Inoltre nuovo articolo 57 della Costituzione stabilendo la composizione del nuovo Senato da 95 senatori (più cinque eventuali senatori nominati dal Presidente della Repubblica) specifica che i nuovi senatori dovranno essere eletti tra i componenti dei Consigli Regionali (e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano):

Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori.

Il fatto che non ci sia ancora una legge elettorale (chiamiamola così per semplicità) per il nuovo Senato non è di per sé uno scandalo, perché il comma 6 dell’art. 57 prevede appunto che una legge che regolamenti le modalità di elezione dei componenti del Senato delle Autonomie venga approvata da entrambe le Camere:

Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio.

Fermo restando che fino all’approvazione di una legge che regoli l’elezione dei senatori rimangono valide le disposizioni transitorie della riforma Renzi Boschi e quindi i senatori saranno eletti “direttamente” dai Consigli Regionali esiste una proposta di legge per rendere i cittadini partecipi dell’elezione dei nuovi senatori. Questa proposta proviene dalla minoranza PD, e pare che in questi ultimi tempi l’orientamento della maggioranza del partito (che invece voleva i senatori eletti con elezioni di secondo livello) sia quella di farla propria. Del totale dei cento senatori, tolti i cinque di nomina presidenziale, sappiamo che i sindaci senatori saranno 21 (uno per ogni Regione e uno ciascuno alle Province autonome di Trento e di Bolzano) e che verranno scelti direttamente dai Consiglieri Regionali. Con circa un quarto dei senatori “nominati” (a proposito con il nuovo Senato quelli scelti dal Presidente della Repubblica “pesano” di più) restano quindi 74 senatori da scegliere tra i Consiglieri Regionali, ma in che modo? Il disegno di legge Chiti prevede l’adozione del collegio uninominale di lista “con un unico candidato collegato a un raggruppamento regionale e attribuzione dei seggi con metodo proporzionale” con la ripartizione dell’Italia in 74 collegi elettorali e ogni regione ne potrà avere uno (o più) in proporzione alla popolazione residente (ad eccezione delle Province autonome di Trento e di Bolzano). In pratica – ed è quello che ha detto Renzi ieri durante il suo MatteoRisponde, al momento delle elezioni regionali agli elettori verranno consegnate due schede, una per l’elezione del Consiglio Regionale, l’altra per l’elezione del Consigliere da mandare al Senato. Il consigliere (o i consiglieri) che prenderà più voti verrà eletto al Senato, ma solo se sarà eletto in Consiglio Regionale altrimenti rimarrà a casa.

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La scheda per l’elezione del nuovo Senato mostrata ieri da Renzi

Le criticità della proposta di legge Fornaro-Chiti

L’adozione di questa prospettiva da parte di Renzi è una discreta novità, frutto di un cambio di rotta in Direzione PD ad ottobre in appoggio alla bozza Fornaro-Chiti. Fino ad ora il Presidente del Consiglio infatti non aveva ancora spiegato come verrà eletto il Senato delle Autonomie. Del resto la proposta di Chiti e della minoranza Dem e potrebbe non essere approvata perché non è chiaro quale maggioranza (i voti del PD non bastano) potrebbe sostenerla. La trovata di Renzi potrebbe servire anche a convincere la minoranza Dem ad appoggiare convintamente la riforma, già il 20 gennaio il senatore Paolo Corsini (uno dei firmatari del ddl Chiti) diceva: «Sia chiaro che il nostro sì al referendum non è incondizionato. Dipende da come il governo e il Pd accoglieranno questa nostra proposta…Anche perché non sarà facile sconfiggere il fronte del No che già assomiglia al TCR (Tutti contro Renzi) ». Ci sono poi alcune criticità specifiche della proposta. A partire dal modo in cui i candidati consiglieri designati ad andare al Senato verranno scelti dai singoli pariti (primarie o scelta della direzione), il fatto che nella scheda mostrata da Renzi ci sia un solo nome per ogni partito fa capire che gli elettori non potranno scegliere fino in fondo chi votare. Ma innanzitutto c’è il problema di un’eventuale incostituzionalità della norma salvata solo in parte dal comma 5 del nuovo articolo 57 che dice che l’elezione dei consiglieri senatori dovrà avvenire «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge». La riforma costituzionale ha abolito l’elezione a suffragio universale dei Senatori mentre la proposta avanzata da Chiti (e la scheda mostrata ieri da Renzi) sembra andare di nuovo verso l’elezione dei senatori a suffragio universale anche se formalmente a nominare i senatori sarà il Consiglio Regionale in base all’indicazione proveniente dalle urne. Come per l’elezione dei deputati il ddl Chiti  prevede che partecipino alla scelta tutti i cittadini che hanno compiuto il diciottesimo anno d’età e che ad essere eleggibili siano solo i cittadini che hanno compiuto il venticinquesimo anno di età (articolo 8 della proposta di legge) cosa che non è però specificata dalla nuova Costituzione che ha abrogato anche il limite d’età per essere eletti al Senato (che era a quarant’anni). A questo va aggiunto inoltre che il nuovo Senato dovrà rappresentare i Consigli Regionali e non gli elettori (per questo i renziani spingono per un’elezione di secondo livello, più aderente al nuovo dettato costituzionale). C’è poi la questione della proporzionalità: la riforma prevede che ogni Regione non possa avere meno di due senatori in molte regioni (quelle meno popolose) dal momento che un senatore verrà scelto tra i sindaci eleggeranno un solo senatore. In questo modo però non verrà rispettato il criterio della proporzionalità rispetto alle decisioni degli elettori di quella singola regione (ma non sarebbe nemmeno con qualsiasi altro sistema visto che un solo eletto rappresenta semmai l’espressione della maggioranza politica al governo in quella Regione). Nelle altre Regioni, fa notare Alessandro Gilioli, la situazione è ancora più complessa perché la proporzione in oggetto è quella  “si stabilisce che i consigli regionali, eletti con il maggioritario, sceglieranno i senatori con il proporzionale, cioè in base alla proporzione tra i gruppi eletti con il maggioritario“. Così come per i consiglieri-senatori anche il mandato dei sindaci-consiglieri sarà infine legato alla durata del Consiglio Regionale che li ha nominati.

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