Perché i mercati non sono andati in panico dopo il no al referendum?

di Guido Iodice

Pubblicato il 2016-12-06

Perché i mercati non sono andati in panico ieri dopo il No al referendum e si sono limitati a un po’ di volatilità? I motivi sono molteplici. Proviamo ad analizzarli. In primo luogo i mercati avevano incorporato la vittoria del “no” già da settimane, visto che tutti i sondaggi lo davano vincente. Infatti lo spread …

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Perché i mercati non sono andati in panico ieri dopo il No al referendum e si sono limitati a un po’ di volatilità? I motivi sono molteplici. Proviamo ad analizzarli. In primo luogo i mercati avevano incorporato la vittoria del “no” già da settimane, visto che tutti i sondaggi lo davano vincente. Infatti lo spread è aumentato e i titoli di stato italiani hanno raggiunto il 2% di interessi. La notte del 4 dicembre, insomma, non è successo nulla di realmente nuovo. Inoltre la BCE aveva già annunciato, prima del voto, che sarebbe intervenuta per calmare le turbolenze qualora ce ne fosse stato bisogno. Un altro motivo è che il voto in Austria ha allontanato la prospettiva di una deflagrazione dell’Unione Europea. Last but not least, i mercati non hanno per ora molto da tenere dalla situazione politica italiana, visto che la prospettiva è quella di un governo che varerà una nuova legge elettorale, probabilmente di stampo proporzionale e comunque senza doppio turno, per evitare che i voti di M5S e destre si sommino al secondo turno come accaduto a Roma e Torino.
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È importante però notare che i mercati non hanno reagito scompostamente neanche prima del risultato scontato del voto. Certo vi è stata una certa volatilità sui titoli bancari e lo spread ha sfiorato il 190 punti nella penultima settimana di novembre, ma ha subito ripiegato, e anche oggi è ancora in calo. L’ombrello del QE e la determinazione della BCE nel proteggere l’euro sono i fattori prevalenti che guidano le borse e in particolare i titoli di stato. Gli speculatori cercano di valutare fin dove possono spingersi prima di innescare la reazione della banca centrale. Ciò conferma la validità della proposta avanzata nel paper “Why further integration is the wrong answer to the EMU’s problems: the case for a decentralised fiscal stimulus” in cui si ipotizza un “Whatever it takes 2.0” ovvero un tetto agli spread che metta l’euro in sicurezza per sempre, permettendoci di risolvere il problema monetario una volta per tutte e di concentrarci sui veri problemi dell’Europa.

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