Perché Mattarella ha bocciato Savona al MEF

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-11-07

Il libro di Vespa ripercorre i giorni della candidatura al ministero dell’Economia dell’economista, poi fermato dalle sue stesse parole

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Il Messaggero pubblica oggi un’anticipazione del libro di Bruno Vespa «Rivoluzione – Uomini e retroscena della Terza Repubblica» in cui l’autore racconta come andò la storia di Paolo Savona ministro dell’Economia, dalla richiesta di Lega e MoVimento 5 Stelle fino alla bocciatura di Mattarella.

La telefonata di Giorgetti sorprese Savona in Sardegna, dove era tornato a risiedere in maniera che presumeva definitiva, nella casa al mare di San Giovanni in Sinis, in provincia di Cagliari,ricavatainunastrutturaprotocristiana.Ilprofessoreprotestòdebolmente che non aveva più l’età per un incarico così impegnativo, ma nel primo pomeriggio era già a Roma per incontrare Di Maio, Salvini, Giorgetti e Spadafora in un’abitazione privata a un passo da via del Corso.

[…]Mentre Savona se ne tornava in Sardegna in attesa di una risposta, a Roma si scatenava l’inferno. Giorgetti e Spadafora salirono al Quirinale e misero il nome del professore nelle mani di Daniele Cabras, direttore della segreteria generale della presidenza della Repubblica, il quale disse subito che quella candidatura costituiva un problema e lo confermò in seguito. I due negoziatori non si arresero e andarono da Ugo Zampetti, segretario generale del Quirinale[…],dopo esserlo stato della Camera dei deputati. Anche qui, però, trovarono un muro. Allora sospettarono che il veto su Savona fosse più dei consiglieri del capo dello Stato che di quest’ultimo.

mattarella conte paolo savona 2

Ovviamente si sbagliavano:

Il presidente della Repubblica era rimasto colpito dalle anticipazioni del libro di Savona, pubblicate dalla Stampa il 22 maggio, che si aprivano con questa frase: «La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l’idea di imporla militarmente». L’economista ricorda che l’Italia ha subìto il fascino della cultura tedesca con la Triplice alleanza (1882), il «patto d’acciaio»(1939) e l’Unione europea (1992): «Possibile che non impariamo mai dagli errori?».

Immagine molto forte, senz’altro, ma che l’Unione europea sia nata e sopravviva sotto la leadership tedesca è un fatto oggettivo. Il passaggio più critico era, tuttavia, un altro: «Battere i pugni sul tavolo non serve a niente. Bisogna preparare un piano B per uscire dall’euro, se fossimo costretti, volenti o nolenti, a farlo». Inutilmente Salvini e Di Maio spiegarono a Mattarella che di uscita dall’euro non si era mai parlato con Savona e che, comunque, questa ipotesi non faceva parte del contratto di governo.

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