Perché i numeri della manovra non tornano

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-11-11

Alesina e Giavazzi spiegano qual è il problema dell’Unione Europea con la Manovra del Popolo

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Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera tornano a spiegare cosa c’è che non va nella Manovra del Popolo e perché la Commissione Europea la contesta: i due economisti spiegano che il punto del contendere è questo:

Roma ritiene che un aumento dei trasferimenti dello Stato ai cittadini (9 miliardi per il reddito di cittadinanza e 7 per abbassare l’età minima della pensione) e la minuscola riduzione di imposte (meno di 2 miliardi) daranno un forte impulso alla crescita, facendola salire dall’1,2 per cento previsto per quest’anno all’1,5 l’anno prossimo e 1,6 nel 2020. Bruxelles pensa invece che questi provvedimenti potrebbero addirittura rallentare la crescita.

impatto macroeconomico manovra moltiplicatore
L’impatto macroeconomico della manovra (Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2018)

Chi ha ragione? Il numero chiave è quello che gli economisti chiamano il «moltiplicatore della spesa». Ovvero, per un euro di maggior spesa pubblica di quanto «si moltiplica», cioè aumenta il Pil? Secondo i due economisti con le spese del governo gialloverde potremmo arrivare ad avere un moltiplicatore negativo perché nel frattempo aumenta la spesa per interessi, all’orizzonte si vede una restrizione del credito e nell’ultimo trimestre la crescita si è fermata. Per questo, concludono:

Il problema di questa Legge di bilancio non è tanto l’obiettivo di un rapporto deficit- Pil al 2,4 per cento, il doppio di quanto avevamo promesso. Anche la Commissione europea fa male a parlare solo di decimali. Ciò che conta è quello che c’e in questo 2,4. Manteniamo pure il deficit al 2,4 ma usiamolo bene, non per creare una recessione.

Meno tasse stimolerebbero la crescita e quindi in parte si autofinanzierebbero (non del tutto, la spesa poi andrà gradualmente ridotta).I mercati sarebbero più tranquilli e lo spread scenderebbe. Invece, un 2,4 che è il risultato di sussidi alle famiglie e riduzione dell’età di pensionamento (che aumenta non solo e non tanto la spesa pensionistica di oggi, ma comporterà enormi aumenti di spesa e quindi di tasse in futuro) non stimola la crescita. E con un’economia che si ferma, la disoccupazione sale gonfiando il costo del reddito di cittadinanza. Pensiamoci: un’altra recessione, proprio non ce la possiamo permettere, soprattutto se siamo noi stessi a favorirla.

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