Perché del revenge porn non frega niente a nessuno

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-03-29

Ieri alla Camera maggioranza e opposizione si sono scontrate sugli emendamenti proposti da LeU e Forza Italia per introdurre il reato di revenge porn. Ieri il M5S spiegava che era più opportuno procedere con la proposta di legge presentata al Senato. Oggi Di Maio dice che quell’emendamento verrà approvato e il presidente Conte auspica che tutte le forze politiche trovino un accordo. Ma per ora il problema è che tutti vogliono metterci il cappello

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Ieri alla Camera ci sono state parecchie polemiche e qualche protesta da parte delle deputate di opposizione dopo che la maggioranza ha respinto un emendamento alla legge “Codice Rosso” contro la violenza sulle donne presentato da Laura Boldrini. L’emendamento in questione – sosenuto da PD, Forza Italia e LeU – avrebbe introdotto il reato di Revenge Porn una forma di violazione della privacy con diffusione di contenuti privati tristemente noto perché ha portato alla morte di Tiziana Cantone. L’Aula però ha respinto l’emendamento con appena 14 voti di scarto.

Cosa è successo ieri alla Camera sull’emendamento Boldrini

Il revenge porn è quella pratica odiosa che consiste nella diffusione di senza consenso da parte dell’interessata di materiale intimo (foto, vide, audio, ma anche estratti di conversazioni con messaggi di sexting). È un problema molto diffuso, e non si limita certo al caso Cantone. Molte delle ragazzine finite a loro insaputa nella “Bibbia”, un immenso archivio del porno amatoriale che circolava su Internet e sui gruppi Facebook probabilmente ci sono finite proprio perché fidanzati, ex fidanzati e persone che avevano ottenuto quel tipo di materiale hanno deciso di diffonderlo e pubblicarlo. Laura Boldrini ieri in Aula ha detto che il revenge porn «è la nuova frontiera della violenza sulla donna». Ed è senza dubbio così. E proprio la madre di Tiziana Cantone era alla Senato per la presentazione del disegno di legge sul revenge porn presentato dal MoVimento 5 Stelle.

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Anche Laura Boldrini ha annunciati ieri durante la discussione che a breve presenterà una sua proposta di legge per introdurre il reato di revenge porn. La mancata approvazione (per 14 voti) dell’emendamento ha scatenato le proteste della Boldrini e pure di Maria Elena Boschi. Eppure proprio la Boschi durante la scorsa legislatura ha rivestito l’incarico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle pari opportunità e avrebbe potuto bene farsi promotrice, assieme al governo e alla maggioranza, di una legge contro il revenge porn (cosa che non poteva fare invece la Boldrini in virtù di Presidente della Camera).

revenge porn legge boschi emendamento - 2

Insomma il tempo c’era prima. E c’è anche ora. L’importante per le donne e per tutte le vittime di questo genere di violenza sessuale è che si possa al più presto avere una legge chiara. Ma allora perché ieri non è stata approvato l’emendamento sul revenge porn? Una spiegazione l’ha data durante la discussione la relatrice di maggioranza della legge sul Codice Rosso Stefania Ascari (M5S) che ha spiegato che nell’emendamento mancava tutta la parte che consentiva l’identificazione del colpevole (o dei colpevoli) perché una volta che un contenuto viene immesso sul Web non solo è impossibile farlo sparire ma è molto difficile risalire alla fonte. Secondo l’onorevole Ascari il tema doveva «essere trattato con un iter legislativo ordinario, in modo strutturale e serio, senza alcuna bandiera». Ma è innegabile che tutti  vogliano metterci la propria, di bandiera.

Mara Carfagna contro Giulia Sarti

A voler essere un po’ smaliziati si può dire, senza tema di togliere nulla al grande lavoro fatto dalla Boldrini contro certe forme di reati e contro la violenza di genere, che ieri abbiamo assistito ad uno dei più classici giochetti della politica. Quello in cui tutti cercano di mettere il proprio nome su una legge considerata a ragione giusta e sacrosanta. Le opposizioni inoltre devono giocare anche un altra partita: quella di mettere in difficoltà il governo e la maggioranza facendo vedere che sono contro certi provvedimenti “di buonsenso”. È una strategia ampiamente utilizzata durante la scorsa legislatura anche dal M5S che era solito presentare proposte di legge spendo che sarebbero state bocciate per poi gridare allo scandalo anche se magari un’analoga proposta di legge era già in discussione (ad esempio tutta la caciara cui abbiamo assistito sulla proposta di legge Richetti sui vitalizi).

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Qualcuno potrebbe obiettare che si possono anche fare delle sceneggiate sui vitalizi dei parlamentari ma su un tema così delicato sarebbe opportuno che le forze politiche lavorassero tutte assieme. Ed avrebbe ragione a farlo. Ieri sulla questione era intervenuta anche la deputata pentastellata Giulia Sarti (anche lei vittima di un caso di revenge porn) che ha dichiarato che l’argomento «non può certo risolversi attraverso l’approvazione di un mero emendamento». Perché «la materia è talmente delicata da richiedere un ampio dibattito non solo parlamentare, bensì giuridico-sociale, volto dapprima a coinvolgere esperti, vittime, famiglie, analisti, giuristi e tutte le varie articolazioni dello Stato competenti come la Polizia postale e delle comunicazioni».

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Alla Sarti ha risposto oggi Mara Carfagna, dal momento che oltre all’emendamento della Boldrini ce n’era uno analogo presentato da Forza Italia la cui votazione era stata invece rinviata anche in seguito alle proteste delle deputate dell’opposizione che hanno simbolicamente occupato i banchi del Governo. La Carfagna prende di punta proprio la Sarti dicendo che «perfino una parlamentare pentastellata, vittima lei stessa di revenge porn, non difende i suoi diritti per mostrarsi fedele alla linea». Ma nel frattempo sono successe altre cose.

La precipitosa marcia indietro del Governo e del M5S

La prima è una dichiarazione di Vincenzo Spadafora, parlamentare del M5S e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari Opportunità, che questa mattina ad Agorà ha dichiarato: «Voteremo questo emendamento e sono sicuro che sarà approvato». La seconda è un’intervista a Di Maio su Repubblica di oggi dove il vicepremier ha detto che sul
revenge porn «va bene approvare una legge più organica, ma per me martedì quell’emendamento, che ha già i numeri in Parlamento, va votato. È una norma sacrosanta». Il tutto ovviamente mentre la proposta di legge viene incardinata per la discussione in Commissione al Senato. Insomma un bel pasticcio con il M5S che ha completamente invertito la rotta.

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Anche il presidente del Consiglio Conte è uscito allo scoperto dicendo che «alcune forze di opposizione hanno già presentato un testo, anche le forze di maggioranza e il governo stesso sono pronti: sarebbe importante che queste norme fossero votate subito». Per Salvini non c’è motivo di non votare la legge e così anche il secondo vicepremier è convinto che sarà approvata. Promotrice del DDL Codice Rosso e la ministra leghista Giulia Bongiorno, quella che dà delle isteriche alle vittime di violenza. Cos’è cambiato quindi. Perché improvvisamente anche l’emendamento di Forza Italia al Codice Rosso verrà fatto passare? C’è così tanto interesse che il reato di revenge porn venga istituito al più presto? Oppure c’è una gara a intestarsi la battaglia contro un crimine particolarmente odioso, che espone la vittima agli sguardi di molti mentre il colpevole rimane nell’ombra a godersi la sua “vendetta”?

Leggi sull’argomento: Giulia Bongiorno: le contraddizioni di un ministro che dice di difendere le donne

 

 

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