Perché Atlantia cambia idea su Autostrade e Cassa Depositi e Prestiti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-08-05

Secondo quanto ricostruito in ambienti vicini alla holding Cassa chiedeva una manleva per un periodo di quattro anni rispetto a qualsiasi incidente si sarebbe potuto verificare sulla rete

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Atlantia ha annunciato in una lettera inviata ieri al governo che uscirà dal capitale di Autostrade per l’Italia, come previsto dall’accordo siglato il 14 luglio scorso con Palazzo Chigi, ma non lo farà tramite una trattativa diretta con Cassa Depositi e Prestiti ma attraverso vendita o scissione dell’asset. Questo perché, secondo i Benetton, le condizioni messe in campo da CDP sono diverse da quelle stipulate in accordo con il governo e insostenibili per il gruppo. Per questo il board ha deciso che seguirà altre due opzioni: «La vendita tramite un processo competitivo internazionale – gestito da advisor indipendenti – dell’intera quota dell’88% detenuta» nell’asset,  al quale in ogni caso «potrà partecipare Cdp congiuntamente ad altri investitori istituzionali di suo gradimento, come già ipotizzato nella lettera»; o «la scissione parziale e proporzionale di una quota fino all’88% di Autostrade per l’Italia mediante creazione di un veicolo beneficiario da quotare in borsa, creando quindi una public company contendibile». In proposito è già stato convocato un consiglio di amministrazione per il prossimo 3 settembre.

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Come cambieranno le quote degli azionisti di Autostrade dopo l’aumento di capitale (La Repubblica, 16 luglio 2020)

L’annuncio di Atlantia è in linea con l’accordo stipulato con il governo il 14 luglio, sostiene la holding. Ma alcune fonti vicine alla trattativa citate dall’AdnKronos dicono che le decisioni assunte oggi dal cda di Atlantia e comunicate in una lettera inviata a Palazzo Chigi, al ministero dell’Economia e al ministero delle Infrastrutture e Trasporti e per conoscenza Cassa Depositi e Prestiti segnano un’inversione di marcia rispetto agli impegni assunti dal gruppo a metà luglio. Questo si rileverebbe, secondo quelle fonti, dal confronto tra le missive, quella di oggi, appunto, e quella inviata il 14 luglio scorso con la quale Atlantia concordava sullo schema dell’operazione che prevedeva, tra l’altro, di deliberare un aumento di capitale riservato a un soggetto a partecipazione statale, Cdp, al fine di consentire di acquisire una quota complessiva post aumento di capitale pari al 33%, auspicabilmente entro il 30 settembre 2020. Uno schema, rilevano le stesse fonti, che viene oggi cancellato dalle deliberazioni assunte dal cda e comunicate all’esecutivo. Intanto Tci e Fondazione Crt, entrambi soci della holding, plaudono per l’inversione ad U. Ma cosa ha fatto saltare una trattativa che sembrava di fatto ben incanalata? Il Sole 24 Ore dice che secondo quanto ricostruito in ambienti vicini alla holding Cassa chiedeva una manleva per un periodo di quattro anni rispetto a qualsiasi incidente si sarebbe potuto verificare sulla rete.

A riguardo Atlantia avrebbe ribattuto che una tale condizione non è prevista nei rapporti concessori, vale la due diligence. Allo stesso modo, la holding avrebbe dovuto concedere a Cassa di recedere dal memorandum d’intesa: in caso di esito negativo della due diligence, mancata selezione degli investitori istituzionali o di mancata sottoscrizione di un accordo di garanzia e di manleva. Così, però, si è ritenuto al vertice della holding, l’intesa sarebbe stata troppo sbilanciata a favore di Cdp.

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