Per salvare ILVA ci vuole un Cdm Lega-M5S

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-08-23

Le valutazioni del Quirinale e di Palazzo Chigi propenderebbero per la necessità che il governo, nell’ambito del disbrigo degli affari correnti, formalizzi direttamente in cdm le intese politiche per il decreto che era stato approvato lo scorso 6 agosto solo con la formula «salvo intese»

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Il Sole 24 Ore racconta oggi che la Crisi di Ferragosto sta creando molti problemi sul dossier ILVA.  Secondo quanto scrive oggi il quotidiano di Confindustria, le valutazioni del Quirinale e di Palazzo Chigi propenderebbero per la necessità che il governo, nell’ambito del disbrigo degli affari correnti, formalizzi direttamente in cdm le intese politiche per il decreto che era stato approvato lo scorso 6 agosto solo con la formula «salvo intese».

La possibilità di una pubblicazione diretta e a stretto giro del provvedimento in Gazzetta Ufficiale, dopo passaggi tecnici, era stata fatta filtrare da ambienti politici la scorsa settimana, forse anche per dare l’impressione che il delicatissimo dossier fosse pienamente sotto controllo. Il decreto sta diventando invece un caso forse senza precedenti, indotto dalla clamorosa apertura della crisi due giorni dopo il passaggio del decreto in consiglio dei ministri. Il punto non irrilevante è che per il varo definitivo in cdm del provvedimento, che contiene altre misure oltre a Ilva, servirebbe la presenza anche dei ministri leghisti (per le intese su materie di competenza di Politiche europee, Turismo e Funzione pubblica). Al momento però i ministri del Carroccio nel pieno delle consultazioni al Quirinale non avrebbero fornito garanzie in merito.

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ILVA, la gara contestata (La Stampa 12 luglio 2018)

I tempi sono strettissimi e per non andare oltre il 6 settembre molto dipende anche dall’evoluzione della crisi politica. Senza questo cdm straordinario bisognerebbe aspettare il primo consiglio dei ministri di un eventuale governo di garanzia elettorale o di un nuovo governo a trazione M5S-Pd. In entrambi i casi, ad ogni modo, l’approvazione delle norme ripartirebbe ex novo e non sulla base del «salvo intese» verbalizzato dal precedente esecutivo.

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