Cosa penso della legge sulle unioni civili delle coppie gay

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2014-10-15

L’ennesimo annuncio del governo Renzi e la possibilità che oggi si faccia finalmente qualcosa. Ma tanti problemi rimangono

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È l’ennesimo annuncio, magari stavolta non rimarrà solo tale. Dopo i Dico, i DiDoRe, le raccomandate, il modello francese, quello inglese, i Pacs, ecco che il governo annuncia un disegno di legge sulle unioni civili alla tedesca (in realtà conferma un annuncio; siamo schiacciati dal peso degli annunci). Ovvero, come si legge su la Repubblica stamattina, un «disegno di legge copiato nei suoi aspetti essenziali dal modello in vigore in Germania fin dal 2001 – “Eingetragene Lebensgemeinschaft” – molto simile al matrimonio tranne che per due aspetti essenziali: non si chiama matrimonio e non si possono adottare bambini esterni alla coppia». Matteo Renzi avrebbe chiesto ad Antonella Manzione, capo ufficio legislativo di palazzo Chigi, di redigere un testo entro la fine del mese. Ai vescovi avrebbe detto di mettersi l’anima in pace perché questi diritti civili s’hanno da fare.
 
IL NOME
Il peso delle differenze sui «due aspetti essenziali» è diverso. Nonostante vi sia una linea che divide l’uguaglianza da tutto ciò che non lo è, esistono livelli diversi di disuguaglianza e ingiustizia. Nel primo caso, cioè l’impossibilità di usare il nome «matrimonio», rimarrebbe solo una diversità che potremmo considerare secondaria, pur veicolando un messaggio discriminatorio: tu non puoi accedere a un istituto che ha lo stesso nome dell’istituto cui posso accedere io. Come mi diceva Paolo Veronesi all’inizio di settembre, «rimarrebbe certo lo stigma dell’esclusione da un istituto qualificante e tradizionale [e questo] porterebbe a sottolineare una sorta di status depotenziato delle coppie formate da persone dello stesso sesso». Dovremmo accontentarci? Oppure sarebbe meglio non avere nulla rispetto alla prospettiva di avere – ancora una volta – una condizione di diritti amputati e inaccessibili, di diversità costruite su base discriminatoria? L’esempio che funziona meglio è sempre quello dei matrimoni interraziali: cosa pensereste di un paese che discute da anni di permettere a individui appartenenti a etnie differenti di sposarsi (no, non esageriamo), e che poi arriva a ipotizzare per loro un istituto diverso nel nome e limitato in una parte piuttosto rilevante, cioè la possibilità di adottare? Sarebbe giusto? Sarebbe lesivo dell’uguaglianza tra le persone? Il colore della pelle è una differenza rilevante per l’attribuzione dei diritti? E l’orientamento sessuale?
 
L’ADOZIONE
Nel secondo caso, cioè l’esclusione a priori dalla possibilità di adottare, il peso della differenza è più gravoso. Questa impossibilità non si limita a veicolare uno status depotenziato, ma rinforza – o non fa nulla per alleggerire – l’idea che l’orientamento sessuale c’entri qualcosa con la capacità genitoriale e con la stessa possibilità di godere degli stessi diritti indipendentemente dall’orientamento stesso. Rinsalda l’erronea convinzione che esista una preferenza sessuale buona e giusta e che deve essere usata come il Modello e poi tutte le altre preferenze sessuali, che certo (magari per qualcuno purtroppo) dobbiamo tollerare – mica possiamo rinchiuderli – ma che non pensassero di essere come gli altri. Questa credenza è fragile, poco sensata e smentita da ricerche e studi (ma a pensarci basterebbe molto meno per convincersi che l’eterosessualità non è garanzia di nulla come non lo è essere biondi o alti, e che l’omosessualità o la bisessualità nemmeno, cioè non possono essere considerate come una prova di inferiorità, di difetto o di incapacità intrinseche).
 
UGUAGLIANZA, DISCRIMINAZIONE
Che vi sarebbero ancora disuguaglianza e discriminazione non c’è dubbio. C’è un’altra domanda però: è verosimile pensare di arrivare direttamente all’esito finale, cioè alla effettiva e reale uguaglianza? Oppure è necessario procedere per passi – lentissimi, procrastinati, ribassati – sperando che siano solo passaggi intermedi? Esiste il rischio che quel passo intermedio si trasformi in un istituto solido e eterno? Sul piano dei principi, cioè, il quadro è nitido e incontrovertibile. Sul piano della strategia si delineano almeno due scenari: tutto o niente, oppure un pezzo per volta. Ovviamente siamo ancora molto indietro perfino per questa domanda: aspettiamo la fine del mese per vedere come andrà a finire stavolta.

Leggi sull’argomento: Unioni civili all’italiana

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