Pensioni, l’ipotesi di quota 42 per la riforma della Fornero

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-07-17

La maggioranza ragiona su superbonus per rimanere al lavoro e per il ripristino dell’uscita di anzianità con un anno in più. Ma l’intervento potrebbe slittare al 2020

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Il governo lavora all’ipotesi di quota 42 per la riforma della legge Fornero. Il Sole 24 Ore spiega che sul tavolo dei ministeri economici il cantiere delle pensioni è in piena attività in vista della legge di bilancio 2019 dove, secondo le promesse di Salvini e Di Maio, dovrebbe comparire il superamento della legge Fornero. E tra le proposte, oltre alla storia delle pensioni d’oro nelle quali in maggioranza non c’è evidentemente compattezza, si parla del ripristino del superbonus per chi decide di rimanere al lavoro fino a un massimo di tre anni pur avendo maturato i requisiti per l’uscita o sull’adozione di quota 42 per le uscite anticipate, anziché quota 41, anche al fine di risparmiare risorse per rendere meno rigidi i paletti anagrafici e contributivi per accedere a quota 100.

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I numeri della previdenza e i costi di quota 100 (Il Sole 24 Ore, 5 luglio 2018)

Anche sulle pensioni, tra l’altro, si è scatenata una caccia al presidente dell’INPS, perché l’istituto ha stimato che, con una simulazione su base decennale, i costi dell’immediato decollo di quota 100, a seconda della combinazione dei vari sistemi di calcolo, oscillerebbero tra i 4 e i 14 miliardi annui con una crescita degli assegni che potrebbe superare quota 1,1 milioni l’anno. Eppure proprio per rimediare a queste stime nel governo si lavora a quota 42:

Anche per questo motivo non è escluso che l’intervento possa scattare in toto nel 2020 e a quel punto salirebbero le possibilità che il ripristino dell’uscita di anzianità per tutti possa essere garantito con quota 42 (nel 2019 a legislazione vigente il pensionamento sarà possibile con 43 anni e 3 mesi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne) invece che con quota 41 e 6 mesi, come prevede la proposta elaborata per la Lega dall’ex sottosegretario al Lavoro, Alberto Brambilla (attualmente l’uscita con 41 anni di contributi è garantita ai “precoci”).

Una soluzione non sgradita a diversi ambienti della maggioranza (anche se ufficialmente quota 41 resta “intoccabile”) per i quali sarebbe preferibile rendere meno rigida l’uscita con quota 100, che sempre secondo l’ipotesi Lega (non unanimemente condivisa) dovrebbe essere realizzata con non meno di 64 anni di età e 36 anni di contribuzione. Per Brambilla il sistema delle quote dovrebbe essere accompagnato, anche come deterrente alle uscite anticipate, dal ripristino del superbonus targato Maroni: accredito direttamente ed esentasse in busta paga dei contributi previdenziali (33% per i lavoratori dipendenti) per chi, pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento, decide di rinviare per un massimo di 3 anni l’uscita.

Leggi sull’argomento: La Lega vuole tassare le pensioni?

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