La Lega vuole tassare le pensioni?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-11

La proposta di Brambilla: un contributo di solidarietà obbligatorio su chi percepisce pensioni superiori alla minima, che va dallo 0,35% in su. La differenza con l’ideona di Di Maio

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La Lega vuole tassare le pensioni? Il Giornale ieri ha lanciato l’allarme in prima pagina per una proposta di Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Welfare del Carroccio e presidente del Centro Studi Itinerari presidenziali: l’idea è quella di un contributo di solidarietà che destinerebbe le risorse raccolte ai non autosufficienti e a chi è senza lavoro. Un contributo temporaneo, come quello chiesto all’epoca di Monti ai pensionati d’oro, e un’idea diversa dal cosiddetto ricalcolo proposto dal MoVimento 5 Stelle e che potrebbe rivelarsi illegittimo perché definitivo (e quindi cozzerebbe contro i “diritti acquisiti” dei pensionati).

La Lega vuole tassare le pensioni?

Itinerari Previdenziali ha infatti fatto i conti in tasca a Di Maio: «Abbiamo calcolato che se si considera il tetto dei 5.000 euro netti mensili le risorse ottenute sarebbero tra i 100 e i 120 milioni — spiega Brambilla —. Ma anche se, come sembra ormai orientato a fare Luigi Di Maio, il tetto scendesse a 4.000 euro netti, si otterrebbero 180-200 milioni. Mentre nella peggiore delle ipotesi il contributo di solidarietà vale un miliardo, nella migliore delle ipotesi si potrebbero anche superare i due miliardi». E come si arriva ad incassare due miliardi?  Il ricalcolo su base contributiva della parte dell’assegno non corrispondente alle somme versate (ovvero, la riforma di Di Maio) si tradurrebbe in tagli sostanziosi, ma a carico di pochi: il contributo di solidarietà invece, pur essendo di gran lunga inferiore (Brambilla ipotizza uno 0,35% di partenza sulle pensioni più basse, per poi procedere in modo proporzionale) verrebbe spalmato sulla quasi totalità degli assegni, escluse naturalmente le pensioni sociali, quelle di invalidità e quelle eccessivamente basse.

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Effetti sugli interventi sulle pensioni d’oro e della flat tax (La Repubblica, 11 luglio 2018)

I conti della serva sul punto dicono che se si applicasse l’aliquota dello 0,35% al totale delle pensioni di vecchiaia e di reversibilità pagate dall’Inps (per un totale di 171 miliardi) si otterrebbero 600 milioni circa. Una modulazione a scaglioni potrebbe quindi determinare un gettito superiore. Ma è evidente che un contributo così fatto verrebbe chiesto a tutte le pensioni tranne quelle sociali, di invalidità e le più basse. Gli scaglioni però potrebbero rendere decisamente più digeribile un contributo del genere, soprattutto se dall’altra parte c’è lo spauracchio del ricalcolo.

Il ricalcolo delle pensioni d’oro chi tocca?

Lo schema proposto da Brambilla ha infatti significativi effetti diversi rispetto all’idea di Di Maio. Che è molto lontana dal riuscire a portare a casa un miliardo, come ha arditamente dichiarato il ministro dello Sviluppo e del Lavoro, ma ha anche una platea teorica interessante. Attualmente solo il 4,1 % delle pensioni pagate è interamente coperto dai contributi. Con un ricalcolo contributivo generalizzato, e soltanto teorico per il momento, a perdere sarebbero innanzitutto i dipendenti dello Stato, della scuola, dell’università e le forze armate, iscritti alla Cassa trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (Ctps), per un totale di 1.581.000 interessati.  Ma nei piani di Di Maio c’era un ricalcolo con il metodo contributivo (l’assegno viene definito il base ai contributi versati e non in base alle ultime retribuzioni) limitatamente alle pensioni oltre i 4.000 euro mensili netti.

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Le pensioni (La Stampa, 24 giugno 2018)

Per arrivare a un miliardo di euro di incassi si dovrebbe colpire con un taglio tutti i pensionati che oggi ricevono uno o più assegni previdenziali per un importo complessivo superiore ai 4mila euro netti al mese. Dunque, anche una vedova che percepisce la sua pensione di anzianità e quella di reversibilità del defunto marito, per fare un esempio. E certamente questo miliardo recuperato – sempre che poi la Corte Costituzionale non abbia da ridire su di un intervento che chiaramente agisce su cosiddetti diritti acquisiti, cioè assegni che già si percepiscono da tempo – non basterà da solo a finanziare l’aumento a 780 euro mensili delle pensioni minime e sociali, come annunciato sempre da Di Maio.

Poche idee, ma ben confuse

E c’è anche da considerare un altro fattore: la flat tax. Se il provvedimento venisse varato come annunciato, i risparmi che otterranno i pensionati d’oro attraverso la tassa piatta (fatta in realtà da due aliquote molto basse) saranno di gran lunga più cospicui dei tagli che subiranno le loro pensioni. Un paio di giorni fa però Repubblica ha fatto i conti di quali categorie sarebbero colpite dalla scure di Di Maio:

Ma al di là della flat tax e degli assegni ricchi, il 90% di tutte le figure del settore “Difesa, sicurezza e soccorso” percepisce una pensione più alta di quanto giustificato dai contributi versati. Basandosi solo su questi subirebbe una riduzione compresa tra il 40% e il 60%. Per esempio, un ufficiale della Marina andato in riposo a 52 anni nel 2010, in base ai piani del governo, vedrebbe il suo assegno passare dagli attuali 5.730 euro mensili a 2.750. Guai anche per il personale della carriera prefettizia, che perderebbe il 40% sulla pensione lorda annua e per i diplomatici, che dovrebbero rinunciare in media al 29%.

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Per i docenti universitari il calo medio è di circa l’11%, con il 28% degli assegni che verrebbe tagliato di più del 20%, mentre per i magistrati si avrebbe una riduzione media del 12%. Ma con casi molto alti. Un magistrato di Cassazione, ritiratosi nel 2008  con 64 anni di età e 37 di anzianità, con una pensione lorda mensile 2015 di 9.755 euro, con il ricalcolo avrebbe un taglio di 2.735 euro mensili. Per queste due categorie, le riduzioni risultano più moderate perché l’età e l’anzianità media alla decorrenza, pari la prima a circa 67 anni (per i professori e 70 per i magistrati) e la seconda a 40 anni, sono più alte rispetto all’insieme delle pensioni dei dipendenti pubblici.

Come avrete notato, si tratta di categorie in grado di farsi sentire a più riprese ad alti livelli di governo. E in grado anche di andare in tribunale per i propri diritti acquisiti. Se passa il piano di Di Maio, ci sarà da divertirsi.

Leggi sull’argomento: Pensioni d’oro, il miliardo immaginario di Di Maio

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