Quelle strane ronde anti-pedofili su Facebook

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-03-11

Circola da diverse ore una lista di una decina di nominativi e account Facebook accusati di pedofilia. Come al solito i giustizieri della notte di Facebook sono partiti all’assalto con insulti e minacce, ma oltre alla possibilità che si tratti di un caso di diffamazione la storia racconta di come si innescano certi meccanismo pavloviani tipici della giustizia fai da te su Internet

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Internet e Facebook sono pieni di indagatori dell’occulto pronti a rivelare i più terribili complotti. Molti di loro sono anche dei vendicatori, che hanno deciso di usare i grandi poteri dell’interconnessione per portare un po’ di giustizia in questo mondo. Se nel mondo reale la giustizia viene amministrata secondo la legge e il codice penale su Facebook non esiste la presunzione d’innocenza e basta relativamente poco per essere messi alla gogna con tanto di nome e cognome, senza quasi alcuna possibilità di difendersi. Soprattutto quando si tratta di presunti “pedofili”.

La lista di proscrizione dei “pedofili di Facebook”

Un utente di Facebook, appassionato di scie chimiche, antivaccinismo e complotti globali ha scoperto – apparentemente da solo –  una lista di una decina di “pedofili” che ha provveduto a pubblicare in un post con nome e cognome e link ai rispettivi profili. I pedofili si sa sono considerati il male assoluto e quindi è moralmente giustificato per molti pubblicarne l’identità con il risultato che orde di utenti si recano su quei profili ad insultare (se la privacy dei post consente di pubblicare commenti) oppure a minacciare ritorsioni e violenze. Pensate che in questi casi debba intervenire l’autorità giudiziaria, magari con una denuncia? Non avete torto, ma per la maggior parte di coloro che sono andati ad insultare non è un problema, al massimo qualcuno si sforzerà di taggare nei commenti la Polizia Postale, quasi che un tag possa sostituire una denuncia.

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Per quanto i pedofili, come tutti i criminali, possano suscitare sentimenti di repulsione sono in ogni caso cittadini che hanno dei diritti. E lo sanno bene gli uomini e le donne delle forze dell’ordine che conducono lunghe e spesso dolorose indagini per riuscire ad arrestare coloro che si macchiano di un reato così odioso. Su Facebook invece è tutto rapido, rapidissimo. Non servono indagini, non servono tribunali e tanto meno avvocati. La sentenza è pronunciata immediatamente e il “colpevole” esposto agli insulti della folla. Con il rischio di commettere qualche reato, come quello di diffamazione, ai danni di persone che magari pedofili non sono.

Come nasce la lista dei presunti pedofili di Facebook

Ma come è stata generata o creata questa lista? A quanto pare le “prove” a carico di questi utenti presunti pedofili – dei quali non è nemmeno chiaro se gli account Facebook corrispondano ad identità reali – sono tutte all’interno di commenti pubblicati ad una foto di tre bambine. La foto era stata pubblicata da un account palesemente fake che ora è scomparso. Altri commenti, alcuni molto pesanti e con riferimenti sessuali espliciti, sono stati pubblicati su altri profili Facebook di ragazzine adolescenti. Profili le cui foto sono state prese da quelle di modelle o rubate ad altri account. Commenti davvero pesanti, dove le bambine vengono definite “cagnette” ma ai quali la stessa proprietaria dell’account (ora rimosso) risponde in maniera non scandalizzata, anzi, con l’intento di alimentare il flusso di apprezzamenti.

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Insomma la situazione è questa: ci sono una serie di account che impersonano ragazzine tredicenni (o giù di lì); questi profili raccolgono centinaia o migliaia di amicizie, senza alcuna forma di selezione né di tipo geografico né anagrafico. Semplicemente accettano chiunque chieda l’amicizia. Tra questi “amici” ci sono anche diversi “casi umani” o presunti tali. Persone che condividono i classici buongiornissimo kaffee e che a loro volta potrebbero essere account fasulli. Oppure semplicemente persone non in grado di distinguere un fake da un account reale.

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C’è sicuramente qualche problema relazionale in chi commenta le foto di una ragazzina dicendo “piedini bellissimi” oppure si lascia andare ad apprezzamenti più pesanti. E a prima vista è sicuramente uno spettacolo poco edificante. Ma noi comuni cittadini non abbiamo idea di chi stia utilizzando quegli account. Potrebbero benissimo essere tutti account fake usati per trollare proprio i cacciatori di pedofili come quelli che pubblicano le liste di proscrizione in modo da provocarne le reazioni scomposte ed esagitate e farsi qualche risata in gruppi privati. Oppure si tratta di trappole non per pedofili ma per “casi umani”, persone non abbastanza sveglie da capire di stare interagendo con un fake che qualcuno si diverte a mettere in ridicolo. Potrebbero anche essere profili utilizzati dalla Polizia Postale, e ricordiamo che solo chi sta svolgendo attività di indagine in questo ambito può legittimamente utilizzare falsi profili di ragazzine come esche per chi si macchia del reato di pedofilia online. Ma difficilmente i pedofili, quelli veri, verranno allo scoperto così su Facebook. Se così fosse il lavoro degli agenti della Postale sarebbe molto più facile.

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Alcuni dei commenti pubblicati su uno dei profili dei presunti pedofili

Questa lista di “pedofili” ha ottenuto molte condivisioni da parte di persone di buona volontà che magari hanno diffuso la “notizia” solo «per allertare i genitori che guardassero un po’ di più i loro figli». Ma nella maggior parte dei casi non è così. E non solo perché le bambine oggetto degli apprezzamenti di fatto non esistono (essendo profili palesemente fake) ma soprattutto perché la maggior parte dei commenti sono insulti, minacce e atteggiamenti che non sarebbe poi così distante dal vero definire di stalking. Tutto questo non giova assolutamente al lavoro delle forze dell’ordine e soprattutto mette a repentaglio la vita di chi – magari non essendosi accorto di stare interagendo con un profilo fake – si è limitato a commentare una foto con un banale “bellissima”. Che può essere un commento viscido, ma difficilmente è una prova schiacciante per definire una persona un “pedofilo”.

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