Fact checking

Quelli che hanno paura che Renzi non si dimetta più

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-06

Sono passati già due giorni e Renzi non si è ancora dimesso, anzi il Presidente della Repubblica ha “congelato” le sue dimissioni. Per qualcuno è una truffa e un “inciucio” ma in realtà ci sono questioni più importanti da sbrigare prima di mandare a casa il Presidente del Consiglio

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Domenica notte Matteo Renzi ha annunciato che l’indomani, dopo il Consiglio dei Ministri di lunedì avrebbe presentato le dimissioni rimettendo il mandato nelle mani del Capo dello Stato Sergio Mattarella. Questo gesto, oltre a dimostrare per l’ennesima volta che in Italia il Presidente del Consiglio non è ai stato eletto dal popolo, è la conseguenza della sconfitta di Renzi al referendum costituzionale. Mattarella però ieri sera ha “congelato” le dimissioni di Renzi, essenzialmente per due motivi: il primo è che bisogna ancora approvare la legge di bilancio e c’è tempo fino al 31 dicembre per farlo ed evitare così l’esercizio provvisorio. Il secondo è che non c’è al momento una legge elettorale che garantisca la governabilità durante la prossima legislatura.
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I due nodi da sciogliere, la legge di bilancio e la legge elettorale

Come abbiamo scritto ieri la legge elettorale per andare a votare “subito” c’è. Anzi, sono addirittura due al momento: l’Italicum alla Camera e il cosiddetto Consultellum, ovvero ciò che resta del Porcellum dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ne ha decretato l’incostituzionalità (della legge elettorale, non del Parlamento eletto tramite la stessa), per il Senato. Questo perché durante la discussione sull’Italicum la minoranza PD ha chiesto venisse stralciato l’articolo che riguardava l’elezione del Senato che – se fosse passata la riforma costituzionale – non sarebbe più stato necessario avere una legge elettorale per il Senato perché il Senato sarebbe stato eletto secondo altre modalità ancora da definire. Il problema è che prima della recente conversione di Grillo sulla via dell’Italicum (anzi del doppio Italicum visto che ora lo vogliono anche al Senato) quella legge elettorale pensata per eleggere i deputati è stato variamente dipinta come un obbrobrio, bollata di incostituzionalità, descritta come una legge fascista, antidemocratica, visto che solo Mussolini osò tanto. Oggi il fatto che piaccia al MoVimento – che pure ha avanzato una sua proposta di legge di segno sostanzialmente opposto – non cambia molto le cose. In primo luogo perché l’Italicum è sub iudice da parte della Consulta, che potrebbe bocciarlo o emendarlo come è già successo nel 2014 con il Porcellum, in secondo luogo perché il Senato si elegge su base regionale e quindi non si può prendere pari pari  l’Italicum per la Camera e utilizzarlo per il Senato. Infine c’è il problema del doppio turno, molti – a partire dalla minoranza Dem – vorrebbe che fosse eliminato (e su questo potrebbe intervenire anche la Consulta) così come il premio di maggioranza che assegna il 54% dei seggi alla coalizione che supera il 40% alla Camera. Infine c’è il fatto non del tutto marginale che ieri Grillo invitava ad andare al voto con l’Italicum per la Camera e il Consultellum per il Senato. Cosa che si potrebbe senza dubbio fare dal punto di vista teorico ma con il grosso rischio (per il Paese più che altro) di avere una maggioranza solida alla Camera e nessuna maggioranza al Senato. Il che è proprio la situazione che Mattarella vorrebbe evitare congelando le dimissioni di Renzi.

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Le due leggi elettorali in vigore (Corriere della Sera, 6 dicembre 2016)

Perché Renzi è ancora al Governo?

Non esiste quindi nessuna truffa e nessun inciucio, Renzi si dimetterà e lo farà dopo l’approvazione della legge di bilancio e forse – ma questo non è assolutamente chiaro – dopo che il Parlamento avrà trovato un accordo sulla legge elettorale. La priorità è la legge di bilancio, se si andasse “lunghi” con l’approvazione, vale a dire oltre il 31 dicembre si aprirebbe l’esercizio provvisorio che impedirebbe a qualsiasi Governo di prendere decisioni in ambito economico e al di là dell’ordinaria amministrazione della spesa corrente. Il Presidente Mattarella ha detto che se ne riparlerà dopo le vacanze di Natale, ovvero con l’anno nuovo, e sembra abbastanza chiaro che – a meno di non dover iniziare da capo la discussione di una nuova legge elettorale –  per andare alle urne si dovrà attendere la pronuncia della Consulta sull’Italicum. Su questo punto anche i Cinque Stelle oggi, cambiando idea per l’ennesima volta (il che la dice lunga su quanto il M5S abbia le idee chiare in questo frangente), ha fatto sapere di essere sostanzialmente disposto ad aspettare che la Corte Costituzionale si pronunci sui profili di incostituzionalità dell’Italicum. Ma una volta arrivata la sentenza della Consulta si dovrà andare al voto con l’Italicum sia per la Camera che per il Senato. Il che presuppone che si debba approvare una legge modellata sull’Italicum per il Senato perché così come non sarà possibile farlo. Rimane da capire eventualmente cosa vorrà fare Renzi, se presentarsi subito alle prossime elezioni (cosa che potrebbe fare essendo ancora Segretario del PD) oppure se prendersi un anno di pausa. Il fatto che Renzi rimanga al Governo fino all’approvazione della legge di bilancio non è sicuramente un inciucio, visto che è una legge del suo Governo. E l’eventualità che sia lui a traghettare il Paese verso le elezioni non è poi così scandalosa, del resto l’unica figura che sembra in grado di formare un nuovo Governo con il sostegno del PD (ovvero del partito che ha la maggioranza alla Camera) è il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. All’interno del Partito Democratico nessuno ha voglia di farsi avanti e un candidato emergerà eventualmente solo al prossimo Congresso. Infine un piccolo appunto ai titolisti del Giornale, nonostante il successo del No al referendum abbia segnato una sconfitta di Renzi vale la pena ricordare che il No era alla proposta di riforma costituzionale non alla Governo Renzi. Certo, poi è stato trasformato in un plebiscito pro o contro Renzi, ma il Premier restando temporaneamente al Governo, non sta tradendo nessuno eccetto la sua promessa di dimettersi. Ma qui torna in gioco il Presidente della Repubblica, e sarà lui a decidere quando nell’interesse del Paese sarà più opportuno accettare le dimissioni di Renzi.

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