Opinioni
Parlateci della Calabria, la vera metafora dell’Italia
Elio Truzzolillo 28/01/2020
Tranquilli, non vi annoierò con l’ennesima lamentela verso i media che hanno dato molto più spazio alle elezioni in Emilia Romagna rispetto a quelle in Calabria. Trovo assolutamente comprensibile che le prime abbiano suscitato più interesse delle seconde e mi pare superfluo spiegarne i motivi. Ora però possiamo serenamente domandarci se si è trattato davvero di […]
Tranquilli, non vi annoierò con l’ennesima lamentela verso i media che hanno dato molto più spazio alle elezioni in Emilia Romagna rispetto a quelle in Calabria. Trovo assolutamente comprensibile che le prime abbiano suscitato più interesse delle seconde e mi pare superfluo spiegarne i motivi. Ora però possiamo serenamente domandarci se si è trattato davvero di un grave pericolo scampato o di un’occasione persa (se ci mettiamo dal punto di vista dei leghisti). Direi di no. Certo, sono disposto ad ammettere che Bonaccini (PD) sia un presidente più attrezzato e competente della Bergonzoni (Lega) ed è comprensibile la soddisfazione di chi, vivendo in quei territori, pensa legittimamente di essersi assicurato una migliore amministrazione per il futuro. Ma credo che l’antipatia (giustificata sia chiaro) che suscita Salvini abbia portato a eccessivi entusiasmi, specie da parte di coloro che non abitano in Emilia Romagna. Non c’è stato nessun baratro scampato/svolta storica per l’Emilia Romagna e tanto meno c’è stato per l’Italia. Non credete ai Soloni che per drammatizzare il voto avevano decretato che le sorti del governo sarebbero dipese dai risultati di domenica. Il governo finirà quando finirà per altri motivi. L’Emilia Romagna è una regione prospera e sarebbe continuata a esserlo, così come lo è la Lombardia che è governata da anni dal centro-destra.
La Calabria, invece, m’interessa nell’ambito della mia idea di fondo per cui nell’azione di tutti i partiti ci sia un sottile filo conduttore che rende le loro politiche abbastanza sovrapponibili. Negli ultimi 20 anni in Calabria c’è stata una perfetta alternanza di governo tra centro-destra e centro-sinistra. Ogni volta gli attivisti dell’una o dell’altra parte hanno festeggiato ebbri per la vittoria promettendo una svolta, una nuova era, una rinascita, un cambiamento e bla bla bla vari. Eppure la Calabria non pare riuscire a schiodarsi dall’ultimo posto (o dagli ultimi posti) di tutte le classifiche nazionali che misurano benessere, ricchezza, efficienza ed efficacia dei servizi al cittadino. Da questo punto di vista l’Italia è come la Calabria perché da decenni sta succedendo più o meno la stessa cosa: le politiche sono sostanzialmente sempre le stesse, al di là delle parole d’ordine (spesso sciocche) con cui i partiti o le coalizioni cercano di differenziarsi dall’avversario. Infatti il declino di questo paese non può certo ascriversi (solo) a Salvini che ha governato un solo anno, o (solo) al M5S che è passato dal fare parte dal governo più a “destra” a quello più a “sinistra” della storia repubblicana (dimostrando così la mia tesi in modo esemplare). Né il declino può essere ascritto (solo) a Berlusconi o (solo) al PD che pure ha governato per metà degli anni del cosiddetto ventennio berlusconiano (dato che sarebbe giusto ricordare più spesso) e che rimane il partito che per più tempo è stato al governo da quando è nata la cosiddetta seconda repubblica a oggi.
Il filo conduttore è fatto di spesa pubblica per rabbonire le proprie corporazioni di riferimento (corporazioni che spesso passano con disinvoltura da una coalizione all’altra); è fatto di diminuzione degli investimenti realmente strategici che non danno un ritorno elettorale immediato. Si contraddistingue per una retorica più o meno accentuata contro le multinazionali, la globalizzazione e il liberismo selvaggio che servono a giustificare tasse “buone” o a garantire più fondi a istituzioni, enti, consorzi, municipalizzate o altre emanazioni pubbliche o a controllo pubblico che moltiplicano il potere d’intervento dei politici e le poltrone per gli amici degli amici. Il filo conduttore è fatto di un’ottica di brevissimo periodo in cui abbondano bonus e regalie che la coalizione all’opposizione critica ma che puntualmente non ha il coraggio di levare quando arriva il suo turno di governare, anzi, ne aggiunge di nuovi perché l’elettore si è fatto scaltro e non si accontenta mai. Anche in questo caso la Calabria è uno splendido spaccato del paese: il M5S che ha trionfato alle politiche del 2018 con più di 400.000 voti non è riuscito a superare i 50.000 in queste regionali, molti meno dei 69.000 nuclei famigliari percettori del reddito di cittadinanza. Il “bonus” ormai è dato per acquisito e nessuno avrà il coraggio di levarlo. Ora sono i nuovi arrivati che dovranno “sganciare” qualcosa (è ovvio che il RDC riguarda decisioni a livello centrale ma la cosa è comunque sintomatica). Allo stesso modo ormai è acquisita l’indecente Quota 100 e questo governo dovrà inventarsi altri bonus per godere di un minimo di popolarità.
Ma il vero denominatore comune a tutti i partiti è l’assoluta indisponibilità a mettere in atto quelle riforme strutturali che ormai da decenni la UE, l’OCSE e tutte le istituzioni del pianeta ci raccomandano di fare. Dalla semplificazione del fisco ai tempi della giustizia, dagli investimenti in istruzione alla trasparenza degli appalti, dall’accountability delle amministrazioni pubbliche alla concorrenza, passando per una riforma di una burocrazia caratterizzata da procedure ottocentesche e finendo con una spesa pensionistica che mortifica e mortificherà ogni spazio di manovra nei nostri conti pubblici (no, non mi stancherò mai di ripetere che Quota 100 è una porcata contro le generazioni future che solo un paese che un futuro non riesce a immaginarselo può tollerare). Ah! Dimenticavo, giusto per ripetere sempre le stesse cose, il debito pubblico che tutti giurano di voler ridurre aumentando momentaneamente il deficit che ci si era impegnati a fare l’anno prima (ma solo per un anno eh! Giurin giurella, tanto l’anno prossimo mi metto in pari). Anche i temi etici (unico punto su cui una differenza effettiva pareva esserci) ormai mostrano una certa continuità di approccio, non nei toni, certo, ma sicuramente nei fatti. L’Italia è un eterno Di Maio al balcone che festeggia svolte che non ci sono mai state. Per tutti questi motivi dovete guardare più alla Calabria che all’Emilia Romagna per capire questo paese. Tra qualche giorno i festeggiamenti e la gioia per l’ennesimo “ribaltone” al governo della regione saranno finiti, poi tutto rimarrà come prima.
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