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Il padre del sedicenne che ha rapinato una farmacia e accoltellato un carabiniere: “Ha fatto una cavolata, ma è un bravo ragazzo”
neXtQuotidiano 01/12/2021
Le famiglie dei due rapinatori rompono il silenzio dopo che i ragazzi, di 16 e 18 anni, si sono costituiti in seguito alla rapina nella farmacia di Torino in cui è stato accoltellato un carabiniere
La rapina avvenuta lunedì sera in una farmacia del centro a Torino ha sconvolto almeno tre famiglie. Certamente più di tutte quella di Maurizio Sabbatino, il carabiniere che nel tentativo di fermare i due malviventi è stato accoltellato e trasportato d’urgenza in ospedale al San Giovanni Bosco, dove è stato operato in condizioni critiche e adesso è ricoverato ma fuori pericolo. In seconda battuta, anche quelle dei due giovanissimi autori del gesto, di 16 e 18 anni, entrambi consegnatisi alle autorità poco dopo la fuga. “Mio figlio ha fatto una cavolata. Ma è un bravo ragazzo, siamo una famiglia perbene”, ha detto il padre del più giovane, che ha materialmente inferto i colpi potenzialmente mortali. “Siamo sconvolti, non è il momento di parlare. E comunque non l’ho costretto io a costituirsi è stato lui a dirmi che voleva consegnarsi. Io l’ho solo accompagnato”.
Il ragazzino, che non ha precedenti penali, si è presentato nella notte nel commissariato di Madonna di Campagna e poi è stato sottoposto a fermo dai carabinieri. “Ho cercato solo di divincolarmi per scappare, non volevo fare del male a nessuno” è stata la sua tesi difensiva davanti al pm. Dopo l’aggressione, è tornato a casa e ha raccontato tutto al padre: “Ho combinato un casino”. Ora è in stato di fermo in un Centro di Prima Accoglienza.
Le parole del padre del diciottenne
Anche il padre del più grande ha rotto il silenzio per chiedere scusa all’arma. “È tutto il giorno che piango”, ha detto, aggiungendo: “Mi dispiace tanto. L’ho detto subito, anche in caserma. So che sono solo parole, ma mi dispiace davvero”. Vincenzo non cerca giustificazioni per suo figlio: “Spero capisca la gravità del suo gesto”.
Ieri pomeriggio, poco dopo le 17, insieme al figlio, all’avvocato, ai carabinieri è entrato in procura. Suo figlio, Francesco Farace, che ha raggiunto la maggiore età da poco, è arrivato con atteggiamento spavaldo, nonostante le manette ai polsi. Il padre è un impresario edile. “Qualche guaio con la giustizia sì, l’ha avuto – ha raccontato – per un furto commesso da minorenne. Nulla di particolarmente grave. Da un po’, però, da quando io e sua madre ci siamo separati, non è più lo stesso”. E l’avvocato Antonio Mencobello commenta: “Al di là della questione giuridica, il mio compito è fare capire al ragazzo la scelleratezza e la gravità di ciò che ha commesso”.
L’interrogatorio con il pm dura due ore. Alla domanda sul perché si fosse costituito, Farace ha risposto: “Avevo paura. Avevo paura che quell’uomo fosse morto”. Con il suo complice sedicenne si sono conosciuti a inizio novembre e presto hanno iniziato a parlare di rapine, a progettarne una. Francesco, che aveva da poco terminato il periodo di messa alla prova per un furto, tre mesi fa su internet aveva acquistato tutto l’occorrente: due pistole, i passamontagna, gli zainetti. Gli mancava soltanto un complice a fargli da palo. Ma qualcosa è andato storto, con l’intervento del carabiniere fuori servizio.
“Ho capito che non era armato. Ho sparato a salve, poi in aria e sono fuggito. Il mio amico l’ha accoltellato, ma io non me ne sono accorto”. Il coltello non faceva parte dei piani: “Avevamo previsto che qualcuno potesse reagire, ma non doveva finire così”.