L’orribile spettacolo del giornalismo italiano sulla vicenda del bambino Giovannino

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-11-07

Sul caso drammatico del bambino affetto da una rarissima e grave malattia di origine genetica abbandonato dai genitori in ospedale a Torino quattro mesi fa molte prestigiose firme del giornalismo italiano stanno dando letteralmente il peggio di sé. Dimostrando che quando parliamo di odio online il problema non sono gli anonimi

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Un fatto privato, la nascita a Torino di un bambino affetto dalla Ittiosi Arlecchino, una malattia genetica rarissima con una mortalità infantile molto alta, è diventato l’ennesimo pretesto per una gogna mediatica nei confronti degli anonimi genitori. Il pretesto per ergersi a giudici di una storia personale è la scelta dei genitori di abbandonare il bambino, nato ad agosto al sant’Anna di Torino, dove è tutt’ora ricoverato nel reparto di terapia intensiva neonatale. In questa storia, che è drammatica, utenti dei social e quel che è peggio giornalisti hanno dato il via ad un vero e proprio linciaggio mediatico.

Massimo Giannini e i genitori infami

C’è il direttore di Radio Capital ed editioralista di Repubblica Massimo Giannini che dimostrando una rarissima capacità di comprensione delle umane tragedie ha definito «due genitori infami» la mamma e il papà di Giovannino – così lo hanno chiamato  in reparto – perché «lo hanno abbandonato alla sua malattia». Giannini è lo stesso che due settimane fa lodava la proposta di Luigi Marattin di Italia Viva di rendere obbligatoria la carta d’identità per i social perché a suo dire aveva il pregio di «avviare un confronto sull’odiocrazia del Web». Chissà se definire “infami” due genitori è considerato odio anche dalle parti di Radio Capital, chissà e Giannini si è accorto di non essere un profilo “anonimo”. Abbiamo scritto che le fake news e l’odio non nascono dal basso e che forse era meglio guardare in certe redazioni. Giannini ne è la prova.

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Quel «restiamo umani» messo alla fine del tweet è il vero tocco di classe. Serve per lavarsi la coscienza dopo aver scritto genitori infami? Chi può dirlo. Oggi a pagina 17 del quotidiano per cui scrive Giannini il direttore del reparto Daniele Farina dichiara: «come si fa a giudicare le scelte personali di una coppia? Io credo che abbiano avuto paura di non essere in grado di prendersene cura. È stata per loro una sorpresa brutale che non è stato possibile prevedere».

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E nemmeno il padre generale della Piccola casa della Divina Provvidenza del Cottolengo Carmine Arice non condanna la scelta dei genitori di Giovannino: «immagino la sofferenza con cui queste persone hanno preso la loro decisione. È da ammirare il fatto che abbiano avuto il coraggio di farlo nascere e non abbiano deciso di ucciderlo prima come purtroppo accade». Tutti coloro che sono stati a contatto con il bambino, come ad esempio Alena Seredova che fa la volontaria al Sant’Anna, comprendono le scelte della famiglia. Gli altri, quelli che magari non hanno nemmeno guardato una foto di un paziente affetto da Ittiosi Arlecchino, giudicano. E le foto qui non le metto non perché siano “mostruose”, ma perché ritengo che se si arriva al punto che solo guardando un’immagine si capisce di cosa si sta parlando allora vuol dire che qualcosa non va. È straziante vedere come certi giornalisti manchino del più basilare sentimento di empatia e compassione riguardo le vite degli altri. Compatire significa soffrire assieme, non vuol dire disprezzare.

L’attacco all’eterologa, che non c’entra nulla

Quei genitori avrebbero potuto scegliere di abortire, anche se diagnosticare la Ittiosi Arlecchino non è facile. Attualmente i test genetici che sono in grado di rilevare la presenza del gene che causa la malattia a carattere recessivo non sono diffusi. L’abbandono del minore è un caso contemplato dalla legge, anzi è la soluzione preferita dai prolife che si battono contro l’aborto e chiedono alle donne di portare a termine le gravidanze. Ma c’è un ulteriore elemento che complica questa situazione: il bambino è stato concepito con l’eterologa, twittava ieri RTL 102.5 «su questo occorre ragionare e non lacrimare». In realtà non sappiamo se il bambino è è stato concepito con l’eterologa (in questo caso sarebbe una bella sfortuna visto che significa che la mutazione nel gene che causa la malattia era presente in entrambi i gameti) o più semplicemente tramite altre procedure di procreazione medicalmente assistita. Ad ogni modo la Corte Costituzionale ha abrogato dalla legge 40 il divieto di ricorrere all’eterologa, e così il dibattito sulla questione è puramente ozioso e non necessario se non a lanciare un sasso contro quei due genitori.

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Sui genitori viene così scaricata un’altra colpa: quella di aver voluto un figlio “in provetta” e quando il bambino non era “come sul catalogo” hanno deciso di abbandonarlo. Questo è quello che succede quando non si riflette abbastanza sul fatto che «essere genitori comporta assumersi la responsabilità per sempre» cinguettava Maria Latella sull’account Twitter di 24 Mattino. Come se quelli che concepiscono un figlio in maniera “naturale” facessero riflessioni più profonde. E del resto la legge che consentiva ad una madre di abbandonare il figlio esisteva già da prima che le tecniche mediche consentissero la fecondazione in vitro e la PMA. Come mai?

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La ragione pura è semplice è che diventare genitori è difficile, lo è quando hai un figlio sano lo è quando tuo figlio nasce con qualche problema. E la sindrome di cui è affetto Giovannino non è un problema da poco, sono bambini che necessitano di assistenza continua e costante, che hanno poche speranze di una vita normale (se non addirittura di sopravvivere). Giovannino non è un mostro. Quei due genitori non sono dei fanatici del figlio perfetto (un desiderio che tutti covano) e nemmeno dei mostri. Sono delle persone normali.

È così difficile capire il dolore dei genitori?

In questo articolo non abbiamo bisogno di raccogliere gli screenshot degli odiatori seriali, quelli che si affollano nei commenti sotto gli articoli di giornale. Perché soon i giornalisti stessi a scatenare la faida contro gli infami, a giudicare, a tracciare il solco di cosa possono fare dei genitori in una situazione in cui praticamente nessuno (vista la rarità della malattia) fortunatamente si è mai trovato. Silvio Viale, che al Sant’Anna ci lavora visto che è Dirigente di Ostetricia e Ginecologia, ribalta la prospettiva.

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La gravidanza tanto desiderata non è un’aggravante delle “colpe” dei genitori. Serve invece per comprendere quanto dolorosa, doppiamente dolorosa, sia stata la scelta dei genitori.  Pensate cosa vuol dire sapere che quel figlio è nato così perché nei tuoi geni, nel tuo DNA, c’è il seme di quella malattia, immaginate solo per un attimo questo devastante senso di colpa, una colpa che non puoi addossare ad altri come fanno quelli che giudicano da fuori. «Chiunque di noi dovrebbe cercare di identificarsi con i genitori» scrive Viale. Persone che senza dubbio non sono né mostri né eroi, ma esseri umani come tutti noi. E chissà quanti di quelli che oggi si scagliano contro gli infami – termine che non si usa nemmeno per i mafiosi ormai – se si fossero trovati in una situazione analoga avrebbero magari optato per la possibilità di un aborto terapeutico. I genitori di Giovannino scelto di non abortire, magari sperando che qualcuno fosse in grado di fare una cosa che per loro era impossibile. Un’ammissione di umanità e di fragilità che personaggi come Giannini non hanno saputo cogliere.

Leggi anche: Ittiosi Arlecchino: cos’è la malattia genetica di cui è affetto Giovannino

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