Le Onlus romane sotto sfratto in Campidoglio contro la giunta Raggi e la Corte dei Conti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-10

Oggi alle 16 davanti al Campidoglio ci sarà la manifestazione di protesta contro gli sfratti delle associazioni del terzo settore romane. Sarà la volta buona per convincere Virginia Raggi e la sua giunta a dire quali sono le reali intenzioni dell’Amministrazione per salvare le onlus romane dall’annientamento? Nel frattempo le associazioni sono costituite contro il il procuratore della Corte dei Conti Guido Patti.

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La protesta contro gli sfratti delle associazioni che operano sul territorio di Roma Capitale arriva davanti al Campidoglio. Oggi alle 16 l’associazionismo romano si riunirà sotto la sede del Consiglio Comunale per protestare contro l’applicazione della delibera 140 varata nel 2015 dalla giunta guidata da Ignazio Marino e riconfermata da una delibera della giunta Raggi nel febbraio scorso. La vicenda è nota: il Comune per reagire allo scandalo affittopoli ha emanato una delibera per recuperare in tempi rapidi e certi il patrimonio immobiliare pubblico. Il problema è che in quella famosa delibera 140/2015 ci sono finiti dentro non solo i partiti e furbetti vari ma anche moltissime associazioni di promozione sociale di volontariato.

La protesta in Campidoglio contro il silenzio della giunta Raggi

Si tratta di centinaia di associazioni, tra cui la Scuola Popolare Di Musica Di Testaccio e l’Accademia Filarmonica Romana, il Comitato Acqua Pubblica che aveva sede al Rialto fino alle Onlus come Viva la vita, che assiste i malati di Sla, il Grande Cocomero, un centro per la cura di bambini e ragazzi in difficoltà, oppure ancora il Telefono Rosa che ogni anno aiuta più di mille donne con consulenze legali gratuite e sostegno psicologico. Tutte queste realtà che utilizzano i beni comuni – legittimamente perché gli sono stati assegnati dal Comune nel corso degli anni – per agire sul tessuto sociale e culturale della città sono a rischio sfratto, alcune hanno già ricevuto la notifica del provvedimento e contestualmente sono state invitate a pagare gli affitti arretrati; si parla di centinaia di migliaia di euro di sanzioni che dovranno essere per forza pagate qualora in un futuro ancora lontano le stesse associazioni vorranno partecipare ad un bando per l’assegnazione degli spazi di proprietà comunale. Sulle circa 800 associazioni colpite dalla delibera sono 113 le realtà sociali di Roma ad un passo dalla chiusura per effetto della 140/2015. Un meccanismo perverso dal quale l’unica soluzione per impedire che la delibera 140 faccia tabula rasa di realtà che lo stesso Assessore al Bilancio di Roma Capitale Andrea Mazzillo ha riconosciuto svolgere “funzioni utili per la collettività, di interesse pubblico” deve provenire dall’Amministrazione comunale. Non si tratta solo di un problema amministrativo la cui gestione può essere demandata agli uffici comunali ma di un problema politico che riguarda i beni comuni che appartengono a tutti i cittadini. Fino ad ora però il Comune a 5 Stelle non si è fatto sentire ed anzi ha avallato la decisione presa da Marino riconfermando i procedimenti di sfratto.
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Cosa chiedono le associazioni romane a Virginia Raggi

La rete delle associazioni Decide Roma ha indetto per oggi una manifestazione di protesta alla quale hanno aderito anche la Cgil di Roma e del Lazio e il Sunia Cgil di Roma e del Lazio che in un comunicato hanno denunciato l’inutilità dei provvedimenti di sfratto volti al recupero dei crediti e degli immobili del Comune:

L’attività di recupero crediti, iniziata dai magistrati della Corte dei Conti subito dopo il caso affittopoli, rischia di essere controproducente, a discapito di luoghi di produzione di cultura che si sono contraddistinti negli anni per la loro utilità sociale, in particolare nelle periferie. In una città che ha fatto parlare di se’ a livello internazionale per Mafia Capitale, il malaffare e la corruzione e che ha consentito alla Romeo Gestioni di gestire il patrimonio in maniera opaca, non si comprende l’azione persecutoria di una classe politica che oscilla tra il discredito e l’improvvisazione. L’associazionismo, che ha svolto un ruolo di sussidiarietà, spesso del sistema socio-sanitario, che e’ andato incontro ai bisogni dei giovani e delle persone più fragili, sole e marginalizzate, non può essere liquidato con un mero calcolo ragionieristico.

Quali sono le richieste delle associazioni? Sostanzialmente due cose: la prima e più importante è la scrittura partecipata del nuovo regolamento sui beni comuni urbani, un tema che dovrebbe essere caro ad un partito politico come il MoVimento 5 Stelle ma su quale al momento non si sono viste molte aperture al dialogo da parte dell’Amministrazione pentastellata di Roma Capitale. Il nuovo regolamento dovrà riconoscere le necessità della città e del territorio in modo da mettere ordine del settore delle concessioni. L’aspetto paradossale è che fu la stessa Virginia Raggi, allora consigliera d’opposizione, a presentare una bozza di regolamento che riconoscesse il valore del metodo dei beni comuni urbani. La seconda richiesta è quella di un reale riconoscimento del valore delle realtà che esistono sul territorio: centri sociali, centri interculturali, teatri, scuole di musica, presidi sanitari, onlus, associazioni di sostegno ai malati, organizzazioni di volontariato che in questi anni (a volte decenni) hanno lavorato per rendere migliore la città arrivando in modo capillare dove la pubblica amministrazione – vuoi per carenze strutturali, mancanza di fondi o di attenzione – non ha potuto o voluto intervenire. In tutto questo la logica del “mettere tutto a bando” per farlo aggiudicare al miglior offerente potrebbe non essere la soluzione migliore e – oltre al fatto che le associazioni attualmente considerate morose in base alla 140 non potrebbero parteciparvi – rischierebbe di  “meccanismi di concorrenzialità fratricida tra le realtà del sociale” e finirebbe per accentrare nelle mani dell’Amministrazione il potere di decidere dall’alto la programmazione e la progettazione degli interventi che escluderebbe le associazioni e soprattutto azzererebbe la partecipazione dal basso dei cittadini. Accuse che vengono respinte al mittente dal M5S, in particolare dai consiglieri Valentina Vivarelli e Pietro Calabrese che preferiscono ricordare le responsabilità del PD (che nessuno ha mai negato) e minimizzare quelle del MoVimento.

Ma le associazioni hanno anche iniziato a ricorrere alle vie legali contro gli sfratti: ieri pomeriggio le associazioni hanno presentato al Presidente e al procuratore generale della Corte dei Conti e al procuratore della Corte dei conti del Lazio «una richiesta di deferimento del Vice Procuratore della Corte Regionale del Lazio Dott. Guido Patti alla Commissione Disciplinare». Nella richiesta le associazioni chiedono di verificare se con il “record” di atti di citazione nei confronti dei dirigenti del Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale “non siano stati travalicati i principi che tutelano e garantiscono l’autonomia e l’indipendenza dell’organo inquirente”. Fino alla data della presente istanza – si legge nella richiesta – “risultano notificati circa 200 inviti a dedurre e circa 132 atti di citazione” inoltre “secondo quanto appreso dal personale della Procura Regionale del Lazio sono stati confezionati circa altri 650 atti di citazione”.

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