Il silenzio del Comune sugli sgomberi delle onlus

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-02-20

Sfratti, sgomberi e ingiunzioni di pagamento nei confronti di decine di onlus che operano sul territorio di Roma Capitale a favore delle persone più deboli. Virginia Raggi aveva promesso di cambiare le cose ma per ora è tutto come l’hanno lasciato Ignazio Marino e il commissario Tronca

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Il vento sta cambiando a Roma, ripete ad ogni piè sospinto la sindaca Virginia Raggi. Ma è davvero così? Prendiamo ad esempio il caso degli sgomberi delle associazioni e delle Onlus considerate abusive perché non pagano l’affitto al Comune. La vicenda risale all’aprile 2015 con l’approvazione della delibera 140/2015 (Linee guida per il riordino, in corso, del patrimonio indisponibile in concessione) voluta dalla giunta di Ignazio Marino dopo l’esplosione dello scandalo di Affittopoli. L’idea – in gran parte sbagliata – era quella di recuperare rapidamente i crediti degli affitti non riscossi dal Campidoglio per la concessione di spazi dati in concessione ad enti, associazioni e partiti politici. L’operazione prevista dalla delibera coinvolge in totale 860 beni “indisponibili” di proprietà del Comune di Roma Capitale.
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Cosa fanno le onlus che il Comune di Roma vuole sgomberare

Dopo la caduta di Marino il prefetto Tronca si è impegnato attivamente per sgomberare gli spazi di proprietà del Comune dati in concessione e per far pervenire alle associazioni le richieste di sgombero. Gli occupanti sono anche tenuti a corrispondere l’indennità di occupazione relativa all’utilizzo del bene fino ad effettivo rilascio. Ma quello che preoccupa ancora di più è il fatto che l’accertamento di una situazione di morosità comporterebbe l’esclusione automatica dalla partecipazione ai bandi pubblici. Il che rappresenta una restrizione molto dura per quelle Onlus colpite dalla delibera che si occupano di assistenza a minori, malati o persone disabili. Quando era all’opposizione il 5 Stelle aveva fortemente criticato la delibera 140 e combattuto per chiedere una moratoria sugli spazi sociali per dare il tempo di stilare un regolamento che consenta di salvaguardare quelle associazioni che svolgono comprovate attività socialmente utili e di interesse cittadino. Da quando si è insediata la Giunta di Virginia Raggi però nulla è stato fatto per l’approvazione di un nuovo regolamento e le notifiche di sfratto e gli sgomberi hanno continuato a procedere senza che dal Campidoglio venisse detto nulla. Questo nonostante tra le associazioni colpite ci siano Onlus come Viva la vita, che assiste i malati di Sla o il Grande Cocomero, un centro per la cura di bambini e ragazzi in difficoltà, oppure ancora Il Telefono Rosa che ogni anno aiuta più di mille donne con consulenze legali gratuite e sostegno psicologico. All’associazione che aiuta i malati di SLA e che dal 2009 ha una sede operativa nel quartiere Prati (negli ex locali del Municipio XX). La sede è stata concessa con una delibera comunale e l’associazione paga 300 euro al mese di affitto con canone agevolato. Il problema è che per diverse vicissitudini non è mai stato stilato un regolare contratto d’affitto e quindi ora il Comune ha presentato un conto da 92 mila euro. Ma la cosa più grave è che Viva la Vita viene sostanzialmente considerata un’associazione “furbetta” che comporta l’esclusione da bandi pubblici.

Anche il Grande Cocomero, associazione che si occupa ad esempio di dare vita a laboratori gratuiti per i ragazzi di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Umberto I e per gli adolescenti di San Lorenzo, denunciava qualche tempo fa il silenzio delle istituzioni e dei politici che dopo la campagna elettorale hanno smesso di bussare alla loro porta e che ora di fatto con le loro azioni stanno criminalizzando il lavoro dei volontari della onlus.
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Quello che manca oggi a Roma è un regolamento sui Beni Comuni Urbani che possa tutelare e salvaguardare il lavoro delle molte associazioni che operano per il bene dei cittadini di Roma. Eppure nonostante l’approvazione all’unanimità il 14 febbraio di una mozione presentata all’Assemblea capitolina per mettere uno stop agli sgomberi il 16 febbraio veniva sgomberata la sede del Forum dell’Acqua. Come denuncia la rete Decide Roma – che riunisce decine di associazioni che operano per il bene comune della città – fino ad ora non è stato possibile avere alcun contatto con l’amministrazione Raggi:

Nessun contatto ci è stato con l’amministrazione Raggi, nonostante le parole dell’assessore Mazzillo a cui chiediamo un incontro immediato. Sono mesi che insieme il Forum dell’Acqua, insieme alla rete Decide Roma e a decine di associazioni, si è battuto per trovare una soluzione alla vicenda del patrimonio del Comune di Roma e del riordino delle concessioni, chiedendo il riconoscimento del valore sociale delle nostre attività in questi spazi, che – come l’acqua – non possono essere messi a profitto.

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Tre le onlus a rischio sfratto c’è anche l’associazione Leda Colombini – A Roma insieme che da vent’anni si occupa di assistere i figli delle detenute di Rebibbia grazie anche ad un accordo con ATAC (siglato due anni fa) che ha messo a disposizione un pulmino. Da qualche tempo però è stato interrotto il servizio di trasporto dei bambini della Sezione Nido di Rebibbia, detenuti con le loro madri, ai nidi esterni del Municipio. L’associazione fornisce un servizio che dovrebbe essere espletato proprio dagli enti locali. Come per tutte le altre onlus coinvolte in questa triste vicenda c’è da chiedersi se il Comune sarà in grado di fornire lo stesso livello di assistenza (in gran parte fornita da volontari) portata avanti in autonomia da queste associazioni. La risposta probabilmente è no.
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Lo sfratto del centro curdo Ararat di Testaccio

Il 16 febbraio è stata infine inviata un’intimazione a liberare gli spazi del Centro di cultura curda Ararat entro 30 giorni. L’ingiunzione di sgombero, fanno sapere dall’associazione “è corredata dalla richiesta di cifre esorbitanti per gli anni passati da parte dell’Amministrazione, mentre è ancora in attesa di definizione il provvedimento del Tar, per il quale l’udienza di merito è stata fissata per il 22 marzo 2017“. Il centro Ararat ha sempre pagato le quote concordate con il Comune di Roma. In questi anni Ararat ha dato accoglienza integrazione e cultura ai cittadini curdi provenienti da tutte le parti del Kurdistan, anche quelle sotto l’assalto del gruppo Stato Islamico e cadute nelle mani di Daesh.
 

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