Perché l’Italia non sa più crescere
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-08-28
I numeri dell’OCSE sulla crescita nei paesi membri decretano che l’Italia è l’unico Paese tra quelli del G7 che invece di accelerare subisce una frenata del proprio Pil: dallo 0,3 allo 0,2% tra il primo e il secondo trimestre 2018
![Perché l’Italia non sa più crescere article-post](https://static.nexilia.it/nextquotidiano/2015/06/italia-crescita-zero-cop.jpg?width=828&imdensity=1)
Marco Ruffolo su Repubblica pubblica oggi un’analisi dei numeri dell’OCSE sulla crescita nei paesi membri, che decretano che l’Italia è l’unico Paese tra quelli del G7 che invece di accelerare subisce una frenata del proprio Pil: dallo 0,3 allo 0,2% tra il primo e il secondo trimestre 2018, contro un leggero aumento dallo 0,5 allo 0,6% dell’area Ocse.
Oltre agli effetti del neoprotezionismo, c’è un caso tutto italiano che, secondo i principali istituti di ricerca, affonda le radici nell’incertezza della politica economica. Incertezza nata durante una campagna elettorale carica di promesse, e cresciuta ora intorno alla prossima manovra autunnale, tanto da spingere Giovanni Tria a dichiarare che lo scopo della visita «non è cercare compratori per i titoli del debito pubblico».
«Non abbiamo questo problema, il debito è sostenibile e lo spread tornerà a scendere. Gli investitori cinesi valuteranno se acquistare i titoli italiani esattamente come faranno gli investitori di altri Paesi o quelli italiani. Fino ad oggi – ha detto Tria – chi lo ha fatto non si è pentito e sono fiducioso che il giudizio positivo sulla stabilità finanziaria dell’Italia si rafforzerà nel momento in cui si concretizzerà la politica di bilancio del governo».
![perché l'Italia non cresce più](https://static.nexilia.it/nextquotidiano/2018/08/perché-lItalia-non-cresce-più.jpg?imwidth=828&imdensity=1)
Non sembra plausibile, tuttavia, che il tema di un possibile acquisto di nostri titoli di Stato (soprattutto se lo spread dovesse ulteriormente salire, e in vista della fine degli aiuti targati Bce), non rientri nei prossimi colloqui del ministro dell’Economia a Pechino e a Shanghai.
Non si spiegherebbe altrimenti la presenza nella delegazione italiana, oltre all’ad di Cassa depositi e prestiti Fabrizio Palermo, del vicedirettore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, della responsabile dei rapporti finanziari internazionali del Tesoro, Gelsomina Vigliotti, e dei vertici del dipartimento per l’emissione e il finanziamento del debito pubblico. Né si capirebbe il senso dell’incontro previsto con il governatore della Banca centrale cinese Yi Gang.