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Le colpe di Macron su Notre-Dame

neXtQuotidiano 16/04/2019

La cattedrale era in pessime condizioni: in questi anni, frammenti di arcate, chimere, altorilievi che cadevano letteralmente a pezzi erano stati accatastati in una rimessa dietro all’abside. Solo l’anno scorso la Francia ha cacciato i soldi per iniziare il restauro

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Anais Ginori su Repubblica racconta oggi che qualche giorno fa le statue che circondavano la flèche, la guglia di Notre-Dame erano state estratte e portate in un deposito per avviare i lavori che dovevano ridare splendore alla cattedrale.

Il gigantesco cantiere puntava a restaurare la flèche, la guglia che svetta fino a quasi cento metri da terra e di cui ora non rimane più nulla. La costruzione dei giganteschi ponteggi era cominciata quest’estate e solo da qualche settimana erano finalmente arrivati gli operai per cominciare il restauro. L’incendio è scoppiato, secondo le prime ipotesi, tra le impalcature e il sottotetto nella parte centrale della cattedrale che ha una spina dorsale tutta in legno.

L’inchiesta dovrà appurare come fosse stato progettato il cantiere e quali fossero state le misure anti-incendio adottate. Da tempo la cattedrale era pericolante, senza più manutenzione. È uno degli effetti paradossali della legge che nel 1905 ha confiscato i beni della Chiesa. Il gioiello gotico vecchio di otto secoli non appartiene più al Vaticano ma allo Stato francese che colpevolmente non ha curato come doveva questo patrimonio storico.

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Ma le condizioni della Cattedrale di Notre-Dame erano comunque pessime: in questi anni, frammenti di arcate, chimere, altorilievi che cadevano letteralmente a pezzi erano stati accatastati in una rimessa dietro all’abside con un sentimento di impotenza che il rettore di Notre-Dame aveva più volte denunciato.

Solo l’anno scorso, la Sovrintendenza aveva finalmente staccato un assegno di 2 milioni di euro per restaurare intanto la guglia, simbolo della cattedrale. Troppo poco ancora per mettere in sicurezza l’intera cattedrale, per cui il restauro completo costava almeno 150 milioni di euro secondo l’americano Andrew Tallon, considerato come il massimo esperto di Notre-Dame.

E ancora: negli archi rampanti che tengono l’intera struttura erano ben visibili crepe, la pietra “fradicia”, secondo le parole di Finot, che rendevano urgenti i lavori di consolidamento. Una raccolta fondi era stata lanciata con molti mecenati arrivati dagli Stati Uniti ma non è stato sufficiente per sbloccare altri lavori che dipendevano comunque dalla Sovrintendenza. E c’è di peggio:

Tra i custodi della cattedrale e l’amministrazione pubblica era in corso un braccio di ferro. Lo Stato era accusato a mezze parole di arricchirsi con i turisti a cui fa pagare un biglietto per entrare nelle Torri, incassando circa 4 milioni di euro all’anno, e riversandone appena due nella cattedrale. Il rettore di Notre-Dame si è sempre rifiutato di «snaturare il luogo di culto» facendo pagare un ticket d’ingresso nella chiesa, come accade già per il Duomo di Milano.

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