Nadia Toffa sapeva che il suo tumore al cervello l’avrebbe uccisa

di dipocheparole

Pubblicato il 2019-08-14

Azzurra Barbuto su Libero oggi racconta di una cena al ristorante Baretto di Milano lo scorso gennaio in cui erano presenti lei, Vittorio Feltri, Piero Chiambretti e Nadia Toffa. L’articolo svela particolari inediti della vicenda della conduttrice delle Iene di cui ieri è stato dato l’annuncio della morte: Quella sera la conduttrice fece di tutto per …

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Azzurra Barbuto su Libero oggi racconta di una cena al ristorante Baretto di Milano lo scorso gennaio in cui erano presenti lei, Vittorio Feltri, Piero Chiambretti e Nadia Toffa. L’articolo svela particolari inediti della vicenda della conduttrice delle Iene di cui ieri è stato dato l’annuncio della morte:

Quella sera la conduttrice fece di tutto per farci dimenticare la sua condizione. O forse per dimenticarla. Appariva in forma, rideva, diceva la sua su qualsiasi argomento. Indossava una collana fatta da lei stessa, composta di lettere che formavano una parola che la divertiva, forse“monster”, ossia “mostro”. Lei se l’era attaccata al collo e ne andava fiera come una bimbetta che costruisce una collanina di pasta.

nadia toffa

La giornalista di Libero racconta che dopo che Chiambretti aveva raccontato di una sua storia d’amore particolarmente toccante la Toffa era scoppiata a piangere e così era entrato in scena il quinto invitato alla cena: la sua malattia. E spiega che Nadia conosceva benissimo le sue condizioni e quello che significavano:

Fu lei a tirare in ballo il quinto convitato, quello che eravamo riusciti ad ignorare per due ore buone. Ci spiegò che i medici le avevano detto che non avrebbe più potuto essere operata, poiché il cancro si era spinto in un’area del cervello in cui non si sarebbe più potuto intervenire chirurgicamente. Non le restava che continuare a bombardarsi di chemioterapia. Anche in quei giorni la stava facendo. «Lo so che devo morire. Non piango per me. Sto piangendo per mia madre, perché mia mamma resterà senza una figlia e questo non è naturale, non si può accettare», specificò Nadia con i goccioloni sulle guance.

E noi giù a ripeterle le solite frasi che si affermano in simili circostanze e che sono tanto banali quanto necessarie: «Non morirai, vedrai», «Stai tranquilla, sono sicuro che guarirai», «Tu sei forte, ne uscirai». E la cosa che mi stupì di più era il suo desiderio di crederci, nonostante tutto. Ci si attacca strenuamente alla vita e  alla speranza. Fino all’ultimo istante.

La DIRE ieri ha pubblicato un’intervista ad Alessandra Fabi, Responsabile di Oncologia medica 1 dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, in cui la dottoressa in qualche modo conferma quanto detto dalla Toffa nella famosa cena:

– All’età di 40 anni oggi si è spenta Nadia Toffa, conduttrice delle Iene, per un tumore cerebrale, dopo due anni di lunga battaglia. Quali sono le prospettive di vita oggi per questo tipo di pazienti?

“Le prospettive oggi sono ancora poco promettenti. Si tratta infatti di una patologia estremamente aggressiva anche perché non c’è una identificazione di farmaci target come invece accade in altre patologie tumorali solide che colpiscono ad esempio il rene, la mammella o la pelle come il melanoma. La strada principale è sicuramente la chirurgia insieme alla chemioterapia e alla radioterapia. Il campo dell’immunoterapia, negli ultimi due o tre anni, ha dato risultati modesti. Questo non significa però che bisogna gettare la spugna anche perché ci sono molti studi in corso per quanto riguarda i trattamenti del glioblastoma e recidive della malattia. In particolare si sta lavorando all’identificazione di marcatori biologici. Lo standard nella pratica clinica rimane comunque il ricorso alla chemioterapia”.

– L’intervento chirurgico è il gold standard nei tumori cerebrali. Ma quando non è possibile quali sono le altre strade percorribili?

L’intervento chirurgico è il trattamento prioritario al momento della diagnosi. Nel caso contrario in cui il tumore cerebrale non sia operabile la prognosi per il paziente è a sei mesi. Si tratta di tumori poco chemioresponsivi, ecco perché si cerca di trovare alternative terapeutiche alla chemioterapia che rimane comunque tutt’ora il trattamento farmacologico principale. La ricerca è incentrata sulla individuazione di biomarcatori specifici del tumore”.

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