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“Ecco come cureremo Mustafa”: il dottor Teti racconta le sfide che dovrà affrontare il bambino
neXtQuotidiano 22/01/2022
Non è un percorso facile quello che aspetta il piccolo Mustafa. Per lui le protesi rappresentano anche un ostacolo psicologico
Mustafa, sei anni, e Munzir, 35 anni, sono vittime delle gravissime conseguenze della guerra in Siria: il padre ha perso una gamba a seguito di un bombardamento, mentre il piccolo è nato senza braccia né gambe a causa di un attacco chimico che ha coinvolto Zeynep, la mamma, quando era in attesa del figlio. Il dramma di Mustafa e Munzir si è trasformato in speranza quando il mondo ha conosciuto la loro storia attraverso lo scatto del fotografo turco Aslan che ha vinto il Sipa 2021 e provocato una grande mobilitazione. Ieri padre e figlio sono arrivati in Italia. E ora il medico che si prenderà cura di loro racconta quali sono le sfide e le difficoltà che li aspettano.
“Ecco come cureremo Mustafa”: il dottor Teti racconta le sfide che dovrà affrontare il bambino
Padre e figlio sono diventati – anche se, probabilmente, non lo avrebbero mai voluto – i simboli della guerra in Siria. Grazie a quello scatto, però, per loro si sta aprendo un nuovo capitolo della loro vita e di quella della loro famiglia. Perché il piccolo Mustafa ha due sorelline e il viaggio da Istanbul (dove si erano trasferiti dopo esser fuggiti dal conflitto) all’aeroporto di Fiumicino lo ha fatto in compagnia mamma Zeynep. Dalla capitale, infatti, si sposteranno proprio a Siena. La città toscana, infatti, ha portato alla luce la loro storia circa tre mesi fa con la premiazione di quello scatto fatto dal fotografo Mehmet Aslan. Lì l’intera famiglia troverà una casa e un nuovo percorso da iniziare, compresa l’educazione scolastica. Ma, ancor prima di tutto ciò, ci saranno le cure che, come annunciato, verranno somministrate dal centro di eccellenza Inail di Vigorso di Budrio. Proprio il direttore tecnico del centro Inail, Gregorio Teti, che sarà a capo dell’equipe che si occuperà di entrambi, padre e figlio, racconta a Repubblica che i due casi sono molto diversi. Munzir è rimasto mutilato in seguito a un bombardamento, ma prima era in grado di camminare. Quindi la sua “memoria” lo aiuterà nell’uso delle protesi. Diverso è il caso di Mustafa che invece è nato senza arti per una malformazione dovuta all’inalazione di gas nervino della mamma incinta. Il suo corpo in questi sei anni di vita si è adattato ad essere senza braccia e gambe e, spiega Teti “Dovremo prevedere dei percorsi per fargli accettare elementi estranei al suo corpo, anche tramite il gioco. È importante far riconoscere al bambino le potenzialità che le protesi possono portare alle sue attività quotidiane: che grazie a loro potrà scrivere, leggere, giocare. Ci sarà da fare un lavoro psicologico”.