Economia
La mezza vittoria di Padoan è una sconfitta per l'Italia
Guido Iodice 29/10/2014
Alla fine il governo italiano spunta qualche margine di “flessibilità” (ma va meglio ai francesi). Ma è troppo poco e troppo tardi
La Commissione europea dà il via libera e il governo corregge il Def per il 2015, con una soluzione di compromesso: aggiustamento dello 0,3% di deficit invece che 0,5% come richiesto dalla Commissione. L’obiettivo di deficit è ora al 2,6%. Ma non basterà a far ripartire il paese.
KATAINEN ACCETTA LA PROPOSTA DI PADOAN
Il commissario europeo Jirky Katainen, in una nota stampa, ha ieri dato l’ok alla proposta avanzata dal ministro dell’economia Padoan nella sua risposta agli appunti dello stesso Katainen sul progetto di bilancio presentato dal governo italiano. Padoan aveva proposto una riduzione del deficit programmato di 0,3 punti, portandolo dal 2,9% al 2,6%: 4,5 miliardi così composti: 3,3 miliardi dal fondo per la riduzione delle tasse, 0,5 miliardi dai fondi per i cofinanziamenti Ue e 0,73 miliardi dall’estensione del reverse charge Iva, un meccanismo introdotto per ridurre l’evasione della tassa. Comunque Padoan e Renzi sono riusciti a strappare a Bruxelles la posticipazione del pareggio di bilancio stal 2017.
AUSTERITÀ AL RALLENTATORE
In linea teorica l’Italia avrebbe dovuto aggiustare dello 0,5% secondo le richieste di Bruxelles. Sebbene ampiamente previsto, sta di fatto che questo compromesso rappresenta comunque una riduzione del deficit rispetto al 2014 che si chiederà con il 3% di disavanzo. Altra austerità, sia pure più morbida rispetto alle pretese dell’Ue. Il governo può anche chiamarla “manovra espansiva”, ma in realtà ci stiamo impegnando a ridurre il disavanzo contando su una crescita dello 0,6% che però non è affatto detto che si realizzi: le previsioni per il 2014 erano del +0,8% mentre chiuderemo l’anno a -0,3%. Sarà difficile mantenere l’obiettivo.
UNA LUNGA STAGNAZIONE E IL RISCHIO DI CRISI DELL’EURO
Lo scenario più probabile a questo punto è che nel 2015 l’Italia non torni a crescere o al più lo faccia sensibilmente al di sotto delle previsioni. L’ “austerità mild” rischia di incastrare il paese – e in generale l’Eurozona – in una situazione in stile giapponese: bassa crescita e tendenza alla deflazione. L’effetto di una stagnazione prolungata accompagnata dalla deflazione, o comunque da un’inflazione sensibilmente al di sotto dell’obiettivo programmato del 2%, rischia di non far ripartire il credito, nonostante gli sforzi della BCE in tal senso, il che impedisce a sua volta la ripresa. Senza un intervento espansivo, la zona euro quindi sarà intrappolata. A differenza del Giappone, però, manchiamo di un vero prestatore di ultima istanza e con bilanci delle banche fragili i rischi di una nuova crisi dell’euro non si allontaneranno.