Massimo Colomban e quel comunista di Grillo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-02-15

«Il 95 per cento delle decisioni le prende lui», rivela l’ex assessore della Giunta Raggi. E racconta di quella volta che Casaleggio voleva fargli cantare Bandiera Rossa

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Massimo Colomban, ex assessore alle società partecipate della Giunta grillina a Roma, torna oggi in scena dopo il suo addio al Comune sparando a zero su Beppe Grillo e su Virginia Raggi. Colomban, a differenza di Berdini, non se n’è andato dopo essere stato beccato a mettere in giro maldicenze sulla sindaca e le sue critiche sono molto più puntute di quelle dell’urbanista. Attraverso Colomban scopriamo che la gran parte delle decisioni nel M5S le prende Beppe Grillo

«Il 95 per cento delle decisioni le prende lui. Nessuno ha il coraggio di contraddirlo. Chi lo fa, viene messo in disparte».

Che tipo di Italia si prefigura Grillo?
«Ha presente la Città del Sole immaginata da Tommaso Campanella? Utopia pura. Mi toccava riportarlo con i piedi per terra. Beppe, questo lo faranno i nostri nipoti, lo raffreddavo. Per lui le auto devono essere tutte elettriche e in grado, marciando, di produrre un surplus di energia che illumini le città».

L’elettricità si ricava dagli idrocarburi.
«“Tu ami suv e gru”, mi prendeva in giro. Io gli rispondevo che la Silicon Valley è avveniristica perché prima i vari Steve Jobs hanno fatto i soldi con cui costruirla. Il fatto è che Grillo disegna un modello di società che non deve creare ricchezza. E pretende che a guidarlo sia solo lo Stato, con la Cassa depositi e prestiti a finanziare le imprese».
Un vecchio comunista.
«L’ha detto lei».

beppe grillo rimborsopoli m5s

Suona come una conferma.
«È un fatto che Casaleggio, alla fine di un raduno al Circo Massimo, invitò i presenti a intonare Bandiera rossa e fui costretto a dissociarmi. Beppe mi dà del nazileghista. Durante le nostre colazioni all’hotel Forum di Roma gli ho affibbiato vari soprannomi: Raúl, come il fratello di Fidel Castro, Chávez, Maduro. Vuoi ridurmi l’Italia come il Venezuela, lo rimproveravo. Una cosa è sicura: se arriva al governo, lo sviluppo si ferma. Grillo pensa che sia un pericolo».

Per questo lei se n’è andato?
«Ho esaurito la pazienza. Pretendeva di convertirmi alla sua filosofia. O a quella del sociologo Domenico De Masi, che per il 2025 prevede un saldo negativo di 9 milioni fra i posti di lavoro creati e quelli distrutti dai robot. Una tesi per giustificare il reddito di cittadinanza. E io a dirgli: Beppe, ma chi paga? Non lo spiega. Però si capisce benissimo dove andrà a parare». Dove? «Tassa sui patrimoni. Tassa sulle eredità. Tassa sulle rendite speculative».

Anche sulla Raggi Colomban non spende molte buone parole: «Una stakanovista ambiziosissima. No, non voterei per lei».

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