Mare Jonio: la nave ONG a cui Salvini sbatte il porto in faccia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-03-19

49 naufraghi a bordo, 12 minori e un malato grave: la situazione ideale per far ripartire la ridicola tarantella dei porti chiusi. Ma stavolta Salvini ci mette del suo. Ed emana una direttiva dal ministero dell’Interno che puzza di Piano Kalergi

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Si trova alla fonda a un miglio e mezzo da Lampedusa la nave Mare Jonio, battente bandiera italiana del progetto Mediterranea, che ieri ha soccorso 49 migranti, tra cui 12 minori, davanti alle coste libiche. L’imbarcazione, che non ha l’autorizzazione allo sbarco, è circondata da tre motovedette, due della Guardia di Finanza e una della Guardia Costiera. Ieri Mediterranea aveva chiesto alle autorità italiane un “porto sicuro”, prima di fare rotta verso Lampedusa.

Mare Ionio: la nave della ONG Mediterranea Saving Humans

Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Human da bordo della nave Mare Jonio al termine del salvataggio di 50 migranti, tra cui 12 minori, al largo della Libia, ha detto ieri all’ANSA che la nave avrebbe fatto rotta verso l’Italia: “Stiamo facendo rotta verso nord per evitare il maltempo, ci dirigiamo verso l’Italia dove chiederemo il porto sicuro per sbarcare queste persone scappate dai campi di concentramento libici”.

Secondo quanto ricostruisce la Ong, una unità della Guardia di finanza che ha scortato la nave, avevo disposto l’arresto dei motori, ma Mare Jonio ha proseguito per garantire la sicurezza dei migranti. Successivamente è stato autorizzato il punto di fonda. Per un migrante in particolare è punto di fonda in rada, al riparo del maltempi. Per lui è stata chiesta l’evacuazione per sospetta polmonite.

Secondo quanto riferito da un giornalista di Repubblica, che si trova a bordo della nave di Mediterranea, la Guardia di Finanza avrebbe vietato via radio l’ingresso nelle acque territoriali, anche sulla base di una direttiva del Viminale. Per il ministro dell’Interno Salvini, infatti, “i porti erano e rimangono chiusi”. Il comandante della Mare Jonio avrebbe quindi trasgredito a quest’ordine impartito dalla Guardia di Finanza. La Guardia Costiera successivamente avrebbe autorizzato un punto di fonda a circa un miglio e mezzo dalla costa.

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La nave a cui Salvini sbatte la porta in faccia

A bordo della nave, sempre secondo la testimonianza del cronista, vi sarebbe un clima di grande tensione. I naufraghi, soccorsi su un gommone alla deriva, sarebbero spossati dalla traversata con mare forza 7. Ma il ministro dell’Interno in una direttiva inviata in serata ai capi di polizia, carabinieri, guardia di finanza, capitaneria di porto, Marina e Stato Maggiore della difesa li ha invitati ad attenersi “scrupolosamente” al provvedimento per prevenire “anche a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica dello Stato italiani, l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale “.

Ovvero, chi soccorre “migranti irregolari” in acque non di responsabilità italiana, senza che Roma abbia coordinato l’intervento ed entra poi in acque territoriali italiane lede il “buon ordine e la sicurezza dello Stato italiano”. Ha scritto ieri l’agenzia di stampa ANSA che la direttiva prende le mosse dalla constatazione che alcune navi soccorritrici, nonostante avessero svolto l’intervento in acque non italiane e l’evento non fosse stato coordinato dalle autorità italiane, abbiano poi richiesto di approdare in Italia.

E, prosegue Salvini, sebbene sulla base delle convenzioni internazionali vigenti non sussistessero i presupposti per l’assegnazione di un ‘place of safety’ in Italia, la nave si sia poi diretta “autonomamente e deliberatamente ” verso le coste italiane. Questo, sottolinea, benché le coste italiane non “risultino essere gli unici, possibili luoghi di approdo in caso di eventi di soccorso, considerato che sia i porti libici, tunisini e maltesi possono offrire adeguata assistenza logistica e sanitaria, essendo peraltro più vicini in termini di miglia marine, laddove la sicurezza della navigazione imporrebbe – in linea di principio – la ricerca di un luogo di sbarco prossimo alle coordinate marine d’intervento”.

Il piano Kalergi del ministro Salvini

La direttiva evidenzia poi che secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare il passaggio di una nave nelle acque territoriali “può essere anche ritenuto non inoffensivo, ed in particolare per l’attività di carico o di scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”. La condotta del comandante in questi casi “risulta essere finalizzata al trasferimento sul territorio italiano di migranti irregolari soccorsi nel mar Mediterraneo, facendo ricorso strumentale alle Convenzioni internazionali sul diritto del mare in materia di soccorso e violandone contestualmente le complessive disposizioni”.

E queste condotte, per il ministro, “non costituiscono un evento occasionale e disposto da un competente centro di soccorso di un Paese costiero responsabile per quella determinata area di mare, bensì un modus operandi volontario che favorisce – in concreto – l’ingresso illegale sul territorio europeo di migranti soccorsi nel mar Mediterraneo”. In pratica Salvini sta tornando a parlare del complotto delle ONG per la sostituzione etnica attraverso l’immigrazione clandestina: il piano Kalergi che Brenton Tarrant delineava nel suo manifesto dell’orrore.

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