La mappa dei bancomat con bitcoin

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-08-07

Nella relazione firmata da Cafiero De Raho lo scenario è chiaro: «Utilizzo massiccio delle criptovalute» da parte di «organizzazioni delinquenziali, anche di matrice mafiosa, per ripulire somme consistente di proventi illeciti, anche mediante lo “spacchettamento” delle somme da riciclare e/o l’utilizzo di più soggetti riciclatori, ovvero il ricorso a più monete virtuali»

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Il Sole 24 Ore pubblica oggi la mappa dei bancomat con i bitcoin in Italia proprio mentre la Dna, direzione nazionale antimafia e antiterrosismo, lancia sulle criptovalute un allarme senza precedenti. Nella relazione annuale, appena pubblicata, la Procura nazionale guidata da Federico Cafiero De Raho affronta il tema con un capitolo di 25 pagine. Le preoccupazioni si ritrovano riga dopo riga. Se poi si pensa che la relazione è aggiornata al 2018, i timori possono essere ancora più alti. L’uso criminale di queste monete virtuali è almeno duplice: riguarda mafiosi e terroristi. Oltre agli evasori fiscali.

Scrive Francesco Polino, sostituto procuratore: «Il rischio sistemico principale è quello di assistere, de facto, alla creazione nel web di un paradiso finanziario virtuale». Con tre fattori in gioco. «Il sistema delle criptovalute ha natura decentralizzata, ogni computer ha eguale accesso alle risorse comuni». Inoltre «le transazioni possono avvenire non soltanto tra soggetti residenti in Stati diversi, ma anche essere riconducibili a più account in realtà riferibili sempre alla medesima persona». Ed «esistono sempre più espedienti capaci di assicurare un maggior grado di anonimato».

mappa bancomat bitcoin
La mappa dei bancomat con bitcoin (Il Sole 24 Ore, 7 agosto 2019)

La conclusione è sconsolante: «In questo contesto, il bitcoin risulta la prima moneta per i pagamenti realizzati sul darknet ovvero per il commercio illegale». Compreso «lo scambio di materiale pedopornografico». Nella relazione firmata da Cafiero De Raho lo scenario è chiaro: «Utilizzo massiccio delle criptovalute» da parte di «organizzazioni delinquenziali, anche di matrice mafiosa, per ripulire somme consistente di proventi illeciti, anche mediante lo “spacchettamento” delle somme da riciclare e/o l’utilizzo di più soggetti riciclatori, ovvero il ricorso a più monete virtuali». Le possibilità di ripulire e rimettere in circolo i profitti criminali ormai non si contano. Lo schema vale anche in assenza di identità mafiosa: basta essere semplici «contribuenti che dovessero decidere di occultare i proventi dell’evasione fiscale». La terna si completa con il ricorso alle criptovalute per «finalità di finanziamento del terrorismo, attraverso donazioni o supporto ad attività terroristiche da parte di soggetti dislocati in diverse parte del mondo».

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