Se il M5S vuole ripescare la scala mobile

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-06-21

La proposta della senatrice Catalfo e i rischi per l’occupazione in Italia

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Alessandro Barbera sulla Stampa oggi racconta la proposta della senatrice Nunzia Catalfo del MoVimento 5 Stelle che vuole il ritorno della scala mobile, ovvero il meccanismo che legava l’aumento degli stipendi a quello dell’inflazione poi abolito tramite referendum con annessa sconfitta del Partito Comunista Italiano e vittoria di Bettino Craxi:

La scala mobile era un meccanismo perverso che come in una spirale alimentava la rincorsa folle fra salari e prezzi, con l’unico risultato di provocare tassi di inflazione a due cifre. Oggi l’inflazione quasi non esiste più, e qualcuno probabilmente obietterebbe che proprio per questo la scala mobile andrebbe ripristinata. E poiché la proposta di legge punta a reintrodurre il meccanismo solo per i contratti collettivi scaduti, il Movimento aggiungerà che si tratta di una misura a difesa del potere d’acquisto di salari che diversamente non verrebbero tutelati.

L’idea non è assurda in sé per le nobilissime intenzioni, ma perché antistorica. È notizia di pochi giorni fa la decisione della multinazionale olandese Unilever di trasferire in Portogallo il suo storico stabilimento veronese della Knorr. Non in Romania o in Polonia, ma in un Paese dell’area euro in cui il costo del lavoro è esattamente metà di quello italiano. Il costo del lavoro, non i salari: ovvero la somma algebrica di stipendi, tasse e contributi che ogni azienda è tenuta a pagare per ogni dipendente. Se il governo, dopo aver irrigidito il mercato del lavoro, avere portato in Parlamento una norma che alzerebbe i salari minimi a nove euro, reintroducesse infine la scala mobile, c’è da scommettere che i casi Knorr si moltiplicherebbero.

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I numeri che non tornano tra Roma e Bruxelles (Corriere della Sera, 21 giugno 2019)

Il rischio, secondo La Stampa, sarebbe catastrofico:

E così, per pagare salari adeguati all’inflazione, al governo non resterà che l’uscita dall’euro e il ritorno a una banca centrale autonoma che stampi tutta la moneta di cui c’è bisogno. Come si faceva nei gloriosi anni Settanta.

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