Politica
M5S, l’alleanza con il PD era solo un diversivo
neXtQuotidiano 15/05/2018
Il Fatto: “Quando Renzi ha rotto noi abbiamo fatto un brindisi, il dialogo sarebbe saltato comunque”
Stefano Feltri, vicedirettore del Fatto Quotidiano, scrive oggi che il MoVimento 5 Stelle non ha mai creduto all’intesa con il Partito Democratico e ha sempre puntato di più a quella con la Lega, i cui effetti possiamo ammirare già oggi. Questa è la ricostruzione della trattativa:
Si muove in avanscoperta il consigliere di Mattarella, Francesco Saverio Garofani. Nessuno dei 5 Stelle vuole interloquire direttamente con Renzi. L’ex premier, come rivelato dal Fatto,si dichiara disponibile addirittura a sostenere un governo con Di Maio a Palazzo Chigi, ma vuole fuori dalla squadra tutti i ministri in carica nel governo Gentiloni per indicarne degli altri nuovi (e di sicura fedeltà).
I negoziatori Cinque Stelle sono spiazzati: “Già faticavamo a far digerire alla base il dialogo con il Pd, nemico di un’intera legislatura, ma un conto è dialogare con un Pd rinnovato, un altro lasciare tutte le decisioni a Renzi”.I pentastellati erano disponibili a inserire nell’esecutivo guidato da Di Maio Paolo Gentiloni, Marco Minniti, Graziano Delrio, Dario Franceschini. Ma non ad avere Renzi come interlocutore unico.
La lettera al Corriere è stata una mossa di Di Maio ma è stata anche concordata con il PD.
IN OGNI CASO, “quando Renzi ha rotto noi abbiamo fatto un brindisi, il dialogo sarebbe saltato comunque una volta al tavolo a discutere di programmi”, dicono i pentastellati. Che sono sollevati, perché finisce un’ipotesi di alleanza a cui non hanno mai creduto, ma anche un po’indignati: con la sua dichiarazione così pubblica, personale e aggressiva che delegittima la discussione interna al Pd, Renzi mette in imbarazzo anche Sergio Mattarella che stava aspettando il responso dalla direzione del partito.
In tutte le sue mosse, Di Maio (e il M5S compatto) ha sempre cercato di essere in piena sintonia con il Quirinale, senza mai mancare di rispetto alle prerogative del capo dello Stato che, da parte sua, non ha mai davvero esplorato maggioranze che escludessero il primo partito emerso dalle elezioni, cioè i Cinque Stelle.
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