Come procede il penoso balletto di M5S e Lega sul Venezuela

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-02

La strategia è chiara: prima vediamo chi vince e poi diremo che siamo sempre stati suoi amici. Funzionerà?

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Se non ci fosse Manlio Di Stefano, bisognerebbe inventarlo. Il sottosegretario agli Esteri del governo Conte è stato l’unico ad avere il coraggio nei giorni scorsi di dire davvero quello che pensava sul Venezuela e Guaidò-Maduro. Lo ha dovuto fare su Twitter, però, perché una posizione ufficiale il governo Conte ancora non l’ha partorita: «L’Italia non sosterrà alcuna posizione d’ingerenza verso il #Venezuela. Sosteniamo il dialogo e chi lo cerca come la stragrande maggioranza dei Paesi #UE, la Santa Sede, #Russia, #Cina, #Messico e #Uruguay. Nessuno vuole nuova Libia e la eviteremo».

Il penoso balletto tra M5S e Lega sul Venezuela

Di Stefano, spiega oggi su Repubblica Stefano Folli, ha solo espresso in maniera ruvida ma chiara una linea che sulla crisi in Venezuela è apparsa per giorni quantomeno ambigua, se non incomprensibile. Ognuno è andato per conto suo tra proclami, silenzi e mezze frasi. Fin quando l’Italia ha preferito appartarsi rispetto all’Unione per inseguire con la Grecia una posizione di “mediazione”. La Lega si era pronunciata contro il “dittatore rosso”, definizione salviniana, al punto di ricevere in un primo tempo il pubblico ringraziamento di Guaidò (non dimentichiamo che il brasiliano Bolsonaro, amico e alleato del nostro vicepremier, è in prima fila nella battaglia). Viceversa i 5 Stelle si sono schierati dalla parte di Maduro ma senza prendere apertamente posizione. Poi quando si è votato al Parlamento Europeo sia Lega che M5S si sono astenuti: il Carroccio è tornato indietro rispetto alle dichiarazioni di Salvini, forse perché Maduro è alleato di Putin e ubi maior, minor cessat.

m5s lega venezuela

Ma il penoso balletto non è certo finito. Di Stefano a Repubblica, che gli fa notare come nel testo manchi una condanna delle condizioni in cui versa il Venezuela per colpa del regime, ribatte: «Non è nostro interesse valutare l’operato di un presidente straniero». Ovvero, meglio non esporsi finché la situazione non sarà definita e Caracas non avrà scelto chi comanda, in un modo o nell’altro. A quel punto sarà il momento del dietrofront, nel nome di una realpolitik talmente pragmatica da rasentare il cinismo. L’altro sottosegretario, il leghista ex Forza Italia Guglielmo Picchi, con il Corriere è riuscito persino a negare i problemi: «Ma quale imbarazzo, siamo equidistanti in un processo che deve portare a nuove elezioni, in una fase di transizione in cui dobbiamo anche occuparci di proteggere oltre 100mila nostri concittadini che vivono in Venezuela. Non è che se non la pensiamo come Parigi e Madrid noi abbiamo torto e loro ragione. Può darsi che sia vero il contrario, di solito nei processi diplomatici conta la cautela. Questo non significa che Maduro non debba andare via e farsi da parte, ma senza strappi inutili che possono solo servire ad esacerbare inutilmente la situazione già drammatica di un Paese».

Il ballo del Qua Qua

Insomma, Maduro deve andare via ma volontariamente, anche se non ha alcuna voglia di farlo. Meglio non schierarsi per proteggere i nostri connazionali. Siamo equidistanti, certo, però via Maduro. Una posizione lineare, insomma. Anche se gli italo-venezuelani ieri hanno chiesto a Mattarella di schierare il governo contro Maduro, ma evidentemente questo Picchi non lo sa. Il pentastellato Roberto Fico, presidente della Camera, la definisce «terza via». Il senso «è quello di ricercare una vera transizione democratica in Venezuela — spiega Fico — non possono esistere autoproclamazioni, pretese di legittimità e democrazie fondate sulla regola del più forte». D’altra parte, ricorda Di Maio, «siamo già stati scottati dalle ingerenze in altri Stati: non vogliamo arrivare al punto di riconoscere soggetti che non sono stati votati, ma non riconosciamo neppure Maduro». Insomma, prima vediamo chi vince e poi diremo che siamo sempre stati suoi amici.

Leggi sull’argomento: L’imbarazzante silenzio del MoVimento 5 Stelle sul Venezuela

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