Il M5S e il governo con il PD senza Renzi

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-12-19

I grillini ragionano sulla possibilità di aprire dopo le urne al Partito Democratico in caso di sconfitta e caduta di Renzi. I numeri, con LeU, ci sarebbero. L’alternativa è il Patto di Neanderthal con Lega e FdI. E i parlamentari renziani cosa farebbero?

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«Il nostro obiettivo è arrivare al 40% e governare da soli. Se no, ci assumeremo la responsabilità di governare. La sera del voto faremo un appello. Chi risponderà si siederà con noi per mettere in piedi le priorità di governo»: Luigi Di Maio è stato chiaro in più di un’occasione sulla possibilità di varare un esecutivo a 5 Stelle con chiunque ci stia. Il candidato premier grillino si rende conto della difficoltà nel raggiungere la maggioranza anche solo in una delle due camere dopo le elezioni e si sta preparando a una chiamata generalizzata che, nei suoi piani, dovrebbe fornire la possibilità di utilizzare i voti di altre forze politiche per varare un governo. E poi si vedrà.

Il M5S e il governo con il PD senza Renzi

Un governo purchessia, come si diceva anni fa, che potrebbe anche godere, racconta oggi Ilario Lombardo sulla Stampa, dell’appoggio di uno dei nemici pubblici storici del M5S: il Partito Democratico.

Secondo una fonte molto accreditata vicina al leader grillino, gli unici veti sono nei confronti di Silvio Berlusconi e di Matteo Renzi. Ma Matteo Renzi non è tutto il Pd. E questo è il punto della svolta che non ti aspetti. «Se alle elezioni il Pd andrà male e Renzi verrà fatto fuori nella resa dei conti interna, noi saremmo pronti a sederci anche con il Pd e la sinistra». Nello staff di Di Maio è stato letto con molta attenzione un articolo della Stampa di venerdì scorso che raccontava dell’incubo di Berlusconi di vedere realizzarsi un’intesa post voto tra M5S e Pd.

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Il catenaccio recitava: «Renzi potrebbe lasciare se sconfitto e i dem aprire ai grillini». La fonte conferma: «Ma saremmo noi ad aprire ai dem senza Renzi». Del flirt con Piero Grasso si era già detto. Ma il ragionamento di una convergenza programmatica sarebbe adesso allargabile a tutta l’area della sinistra. Anche al Pd, seppur de-renzizzato.

Insomma, un’ipotesi ad oggi di fantapolitica ma che potrebbe concretizzarsi dopo le urne, se queste rappresentassero la sconfitta più grande del renzismo e costringessero l’attuale segretario del Partito Democratico a farsi da parte, esattamente come successe a Bersani nel 2013. Così si aprirebbe una fase nuova politica in cui il PD sarebbe retto da un segretario provvisorio in attesa di nuove primarie: a lui toccherebbe giocarsi le consultazioni con il capo di Stato, l’elezione dei presidenti di Camera e Senato e subito dopo le discussioni per un nuovo governo.

Un governo purchessia

Numericamente i voti necessari per raggiungere una maggioranza alla Camera arriverebbero agevolmente da un’alleanza (ipotetica) M5S-PD-LeU. Così come ci sarebbero se dal centrodestra si staccassero a sorpresa Lega e Fratelli d’Italia (con la loro quota di eletti nei collegi) per dare vita con i grillini a quello che si potrebbe chiamare il Patto di Neanderthal. Il problema sarebbe quello di varare un esecutivo a guida di Di Maio – su questo il M5S non discuterebbe – ma infarcito di tecnici super partes che avrebbero come obiettivo quello di “tirare avanti” mentre il parlamento legifera.

sondaggi collegi
Le simulazioni nei collegi uninominali con il Rosatellum (Corriere della Sera, 4 dicembre 2017)

E su cosa legifera? E i parlamentari renziani eletti ma senza leader si piegheranno a dare il voto all’acerrimo nemico? Dipende dall’alternativa, ragionano i retroscenisti. Se quella più probabile fosse di tornare alle urne in tempi brevi, probabilmente ci rifletterebbero.

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