Opinioni

Luigi Di Maio e la gaffe sullo "psicologo Gallini"

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-03-29

Luigi Di Maio ha dato ieri un’altra prova del fatto che è ormai pronto a diventare Imperatore del Mondo for ever and ever: nell’intervento a Carta Bianca su Raitre ha detto che i Certificati di Credito Fiscale (che il blog di Grillo ha di recente riproposto in un post firmato da Gennaro Zezza) “li hanno inventati economisti […]

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Luigi Di Maio ha dato ieri un’altra prova del fatto che è ormai pronto a diventare Imperatore del Mondo for ever and ever: nell’intervento a Carta Bianca su Raitre ha detto che i Certificati di Credito Fiscale (che il blog di Grillo ha di recente riproposto in un post firmato da Gennaro Zezza) “li hanno inventati economisti come Ortona e il defunto psicologo come Gallini che tra l’altro ha scritto proprio sul giornale di Giannini”.


In realtà lo “psicologo Gallini” è il sociologo del lavoro Luciano Gallino, scomparso nel novembre 2015, che firmò la prefazione a un e-book di Micromega (e quindi non “sul giornale di Giannini”) che ospitava gli interventi di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini e che è stato recentemente riproposto sul sito di Micromega. I “certificati di credito fiscale” consistono in titoli con i quali lo Stato dovrebbe pagare spese varie e che, nelle intenzioni dei promotori, avrebbero valore perché con essi ci si potrebbero pagare le tasse. I CCF secondo costoro diverrebbero quindi una moneta di fatto, che potrebbero essere utilizzati anche per comprare la frutta al mercato. Anche Berlusconi ha parlato di questa possibilità e il responsabile economico della Lega ha proposto dei “mini-bot” da emettere prima di uscire dall’euro.

luigi di maio psicologo gallini

La faccia stupefatta di De Bortoli quando Di Maio cita lo “psicologo Gallini”

Luigi Di Maio e la gaffe sullo “psicologo Gallini”

In realtà, come ha spiegato ieri Guido Iodice su neXt, l’idea non è così semplice da attuare come sostengono i promotori, i quali in primo luogo danno per scontato che l’emissione di questa quasi-moneta non violi i Trattati. Ammesso che sia così, tuttavia è facilmente immaginabile che la Commissione europea chiami lo Stato a rispondere davanti alla Corte di giustizia. L’incertezza sull’esito farebbe precipitare il valore del CCF nei confronti dell’euro, rendendoli poco più che carta straccia. Ammettendo però che la Commissione non ci porti davanti alla Corte per violazione dei Trattati, in ogni caso i CCF andrebbero sommati allo stock del debito pubblico. Anche qui, i promotori insistono sostenendo che non sia un problema, ma la Commissione potrebbe porre comunque ostacoli che minerebbero la fiducia del pubblico. E siccome il valore di un mezzo di pagamento dipende dalla fiducia del pubblico, i CCF presto precipiterebbero nei confronti dell’euro, con effetti sociali noti: nei paesi in cui vige la doppia circolazione valutaria la moneta forte diventa quella dei ricchi, la moneta debole è per i poveri.
Secondo i promotori l’aumento di spesa tramite CCF dovrebbe generare effetti moltiplicativi che permetterebbero maggiore crescita e quindi aumento del gettito fiscale. La gente però potrebbe semplicemente decidere di non spendere i CCF, ma detenerli fino a quando potranno essere usati per pagare le imposte, peraltro l’unico momento in cui il valore dei CCF potrebbe essere considerato sicuro ed uguale a quello stampato sul pezzo di carta. In tal caso, l’effetto espansivo sarebbe nullo e lo Stato si troverebbe con un buco di bilancio imprevisto.
Il modello spesso richiamato è quello dello Stato della California che nel luglio 2009, di fronte ad una grave crisi delle proprie finanze, emise delle “promesse di pagamento” (Registered Warrants) per pagare i dipendenti pubblici, i fornitori e coloro che vantavano diritti a rimborsi fiscali per 2,37 miliardi di dollari. Anche i Warrants potevano essere usati per pagare le tasse dovute allo Stato della California e avevano persino un tasso di interesse. L’esperimento non fu propriamente un successo: le principali banche si rifiutarono dopo pochi giorni di accettare questi “pagherò” (o come li chiamano gli americani, IOU, che sta per I Owe You, “io ti devo”). Solo dopo ingenti tagli di spesa e aumenti delle imposte decisi dallo Stato, alcune di esse tornarono sui loro passi e ricominciarono ad accettare i Warrants.
EDIT: L’autore del video tratto da Cartabianca Daniele Cinà ci fa notare che nel suo post su Facebook c’è un commento del figlio di Gallino, Davide:
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Leggi sull’argomento: Cosa non va nei Certificati di Credito Fiscale di Beppe Grillo

 

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