Politica
Luigi Di Maio cambia ancora idea sul referendum sull'euro
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-05-26
In un’intervista al Messaggero oggi il vicepresidente della Camera si dedica a pericolosi equilibrismi sull’avviso di garanzia a Virginia Raggi e sulla consultazione popolare per la moneta unica. Vediamoli
Luigi Di Maio rilascia oggi un’intervista al Messaggero nella quale dice due cose molto interessanti su Virginia Raggi e sul referendum sull’euro. Vediamole.
Anche Virginia Raggi è indagata per falso e abuso d’ufficio.
«Non è accusata di aver sabotato un’inchiesta sulla stazione appaltante d’Italia, ha messo una firma sotto a un foglio. In casi analoghi non abbiamo chiesto dimissioni di altri sindaci».
Ma se la sindaca fosse rinviata a giudizio, in tal caso dovrebbe lasciare?
«Il nostro codice etico prevede che in caso di condanna in primo grado si venga esclusi dal M5S, o sospesi o espulsi. Ma ci riserviamo discrezionalità: ricordo che sono state adottate misure anche solo in caso di avviso di garanzia, se dalle carte legate all’avviso risultano evidenze immorali interveniamo immediatamente. Ma anche senza avviso: abbiamo espulso il sindaco di Gela perché rifiutava di tagliarsi lo stipendio nonostante l’impegno preso».
Innanzitutto, Luigi ha ragione: è vero che i grillini non hanno chiesto le dimissioni di sindaci per un avviso di garanzia per abuso d’ufficio. Loro hanno soltanto chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno per un avviso di garanzia per abuso d’ufficio. Il che è moooolto diverso, vero?
In secondo luogo va segnalato che a Roma nessuno – nemmeno Virginia Raggi – si taglia lo stipendio. Così non c’è rischio di doverla cacciare per non averlo fatto. Machiavellico, eh? Ma è più interessante quello che dice Di Maio riguardo il referendum sull’euro:
Il referendum anti euro fa ancora parte del programma M5S?
«Per indirlo ci vorrà almeno un anno e in quell’anno io spero che il M5S possa portare ai tavoli europei la modifica dei trattati, come ormai chiede anche l’asse franco-tedesco. Io non sono d’accordo con Trump sugli interventi in Siria, ma quando dice “Voglio abbassare le tasse alle imprese facendo un po’ di deficit e faccio gettito per lo Stato per ripagare il debito” va in una direzione opposta a quella dell’Europa che vuole l’austerity contro le manovre espansive.
Ecco, anche noi dobbiamo investire su larga scala anche attraverso deficit e spending review, quindi nell’anno in cui indiremo il referendum speriamo che l’Europa possa tornare indietro su tutti i suoi parametri di austerity».
Di Maio infatti in un’intervista rilasciata a Ballarò disse di preferire “l’euro 2 o monete alternative”. Ora in questa risposta sembra preferire l’opzione “cambiare l’Europa”: l’argomento utilizzato da tutti i candidati moderati e democratici in campagna elettorale, contro l’austerity non contro l’Europa. Da quel poco che si capisce dalla risposta piuttosto confusa, poi, il vicepresidente della Camera immagina che l’azione politica del M5S in Europa sia in grado di far cambiare idea all’Europa “in un anno” sotto la minaccia del referendum in Italia. Quello che succederà, invece, è l’esatto contrario.
Come ha spiegato il Financial Times dando a lui e a Grillo dei ciarlatani, infatti, nel momento in cui si annunciasse la procedura per un referendum consultivo sulla moneta unica comincerebbe una fuga di capitali che in breve tempo metterebbe in ginocchio il paese e lo farebbe precipitare di nuovo in una crisi da spread. Quale tipo di potere negoziale possa avere l’Italia in condizioni simili è un mistero che Luigi Di Maio dovrebbe spiegare alla luce della storia recente del Vecchio Continente (la Grecia di Tsipras) e dei fondamentali dell’economia. Ma forse stiamo chiedendo troppo.
Leggi sull’argomento: Il Financial Times spiega perché Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Marine Le Pen sono dei ciarlatani