Opinioni
L'Ordine dei Medici contro la dottoressa che curava il cancro con l'omeopatia
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2016-04-26
L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino ha deliberato che si costituirà parte civile contro Germana Durando, la medica che voleva curare il melanoma di una sua paziente, in seguito deceduta con trattati di erbe e teoria della parola. La dottoressa Germana Durando, medico di base ed omeopata, di cui era paziente, voleva […]
L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino ha deliberato che si costituirà parte civile contro Germana Durando, la medica che voleva curare il melanoma di una sua paziente, in seguito deceduta con trattati di erbe e teoria della parola. La dottoressa Germana Durando, medico di base ed omeopata, di cui era paziente, voleva curarla con erbe e sedute di psicoterapia basate sulla teoria di Ryke Geerd Hamer, la cosiddetta “Nuova Medicina Germanica” , fondata da un “medico antisemita e negazionista (attualmente latitante) inventore di una terapia accusata di aver causato centinaia di morti” (Wired). La donna è morta nel 2014 dopo che le era stato diagnosticato un melanoma maligno a cellule epiteliomorfe di tipo T4, mentre il neo aveva raggiunto un diametro di 11 centimetri.
Oggi, a indagini concluse, l’OMCeO di Torino chiarisce e ufficializza la propria posizione dichiarandosi parte civile contro l’imputata e fa luce sulle criticità di questa pratica alternativa priva di evidenza scientifica. L’OMCeO chiederà anche un risarcimento per il danno al decoro della Professione.
La dr.ssa Germana Durando praticando e diffondendo la nuova medicina germanica di Hamer, ha screditato l’immagine della professione con un ulteriore danno oltre a quello gravissimo recato alla paziente che è stata sottratta alle cure della medicina ufficiale e a trattamenti di riconosciuta efficacia.
«Le medicine non convenzionali – spiega Guido Giustetto – sono complementari, non sostitutive, della medicina ufficiale: come stabilisce con chiarezza l’art. 15 del Codice di Deontologia Medica, il medico può farvi ricorso “nel rispetto del decoro e della dignità della professione”. Inoltre, e questo è l’aspetto centrale della questione, “il medico non deve sottrarre la persona assistita a trattamenti scientificamente fondati e di comprovata efficacia”: ha dunque l’obbligo di capire tempestivamente quando sia il caso di interrompere i metodi non convenzionali eventualmente adottati e di ricorrere tempestivamente agli strumenti della medicina ufficiale, in modo da garantire al paziente le più idonee condizioni di sicurezza ed efficacia della cura. Anche l’art. 13, a tal proposito, è molto chiaro: “Il medico non adotta né diffonde pratiche diagnostiche o terapeutiche delle quali non è resa disponibile idonea documentazione scientifica e clinica valutabile calla comunità professionale e dall’autorità competente”. E ancora “Il medico non deve adottare né diffondere terapie segrete”».
Il “metodo Hamer” – che non ha nessuna valenza scientifica, non ha ottenuto alcun tipo di riconoscimento dal punto di vista curativo e ha causato la morte di molti pazienti – consiste in cinque leggi biologiche; la prima recita che «le gravi malattie hanno origine da un evento di shock o trauma psicologico (“sindrome di Dirk Hamer”) che viene vissuta dall’individuo come acuto e drammatico». Molti casi in Italia sono finiti in tribunale:
Nell’aprile 2012 il giudice Domenica Gambardella del tribunale di Padova ha condannato a tre anni di reclusione e 565 000 euro di risarcimento il medico Paolo Rossaro: l’accusa è di omicidio colposo per aver cagionato la morte di Cristian Trevisan (affetto da linfoma di Hodgkin) e Anna Maria Tosin (malata di tumore al seno), in seguito all’applicazione dei metodi di Hamer e, al contempo, sconsigliando il ricorso alle cure scientifiche a base di chemio e radioterapia. In appello Paolo Rossaro è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione, nonché al risarcimento di 220 000 euro per la famiglia di Cristian Trevisan, per aver cagionato la morte solo di quest’ultimo. Tale pena è stata confermata in Cassazione.