Le logomachie di Giuseppe Conte

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-06-04

Si vede che ha fatto il classico, come diceva Woody Allen. Ieri Giuseppe Conte ha dato sfoggio della sua enorme erudizione citando le logomachie per indicare le battaglie di parole tra Lega e MoVimento 5 Stelle. Il presidente del Consiglio ha fatto ricorso a questo vocabolo quando ha parlato di «eccesso di verbosità, dei perenni e …

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Si vede che ha fatto il classico, come diceva Woody Allen. Ieri Giuseppe Conte ha dato sfoggio della sua enorme erudizione citando le logomachie per indicare le battaglie di parole tra Lega e MoVimento 5 Stelle. Il presidente del Consiglio ha fatto ricorso a questo vocabolo quando ha parlato di «eccesso di verbosità, dei perenni e costanti conflitti comunicativi che pregiudicano la concentrazione sul lavoro». E ricordandoci “Ah! La tauromachia!” di Guastardo:

L’affettato favillar del presidente del Consiglio nasconde l’esigenza, del tutto scoperta, di strisciare per chiedere a Salvini e Di Maio di lasciarlo gentilmente al suo posto. Ma farlo dopo un discorso pregno di supercazzole e della durata di una ventina di minuti è di certo un inedito nella Seconda Repubblica (e figuratevi nella Terza, prefigurata all’inizio del suo mandato). Andasse male a Palazzo Chigi, Conte ha un destino preciso e ben delineato tra gli attori di una certa comicità. Il paragone con i grandi, del resto, è già lì che scalpita. Insomma, “già ora gli ultimi raggi dorato del tramonto stanno dileguando a oriente dietro le verdi colline. L’oscura coltre della notte presto si stenderà tra noi tutti“. “Hey, si sente che hai fatto ragioneria!“.

Leggi anche: Il bla bla bla di Conte per chiedere a Salvini e Di Maio di lasciarlo fare il premier

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