Lo strano caso dei due senatori leghisti (ex grillini) che hanno restituito il vitalizio a Formigoni

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-05-20

Eletti col Movimento 5 Stelle nel 2018 a galoppo del partito anti-casta per eccellenza, hanno finito per diventare i voti decisivi per salvarla, la casta. Alla faccia della coerenza

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Si chiamano Alessandra Riccardi e Ugo Grassi, a molti i loro volti e i loro nomi diranno poco, se non nulla. E invece raccontano tutto sulla situazione di miseria e degrado di certa politica in Italia e, in particolare, di un certo partito. Già, perché chi sono Riccardi e Grassi? Sono i due senatori leghisti che hanno contribuito in modo decisivo alla restituzione del vitalizio a Roberto Formigoni, nonostante una condanna a 5 anni e 10 mesi per corruzione nell’ambito del processo Maugeri. La prima, Riccardi, ha votato a favore un mese fa in commissione Contenziosa. Il secondo, Grassi, ha completato l’opera poche ore fa con il via libera definitivo in consiglio di Garanzia.

Cos’hanno in comune questi due ex carneadi assurti ad angeli custode del Celeste?  Sono entrambi stati eletti nel 2018 col Movimento 5 Stelle. Dopodiché, a cavallo tra il 2019 e il 2020, sono entrambi passati magicamente alla Lega negli anni scorsi e, sempre per coincidenza, occupano proprio quelle caselle nelle commissioni decisive per il taglio (o meno) dei privilegi. Quando abbandonarono i 5 Stelle folgorati sulla via Padana, non se ne andarono certo adducendo improvvisi ripensamenti e cambi di idee e opinioni, ma – come sempre, nell’avvilente liturgia dei cambi di casacca – perché “è diventato impossibile portare avanti idee e progetti per i quali aveva deciso di far parte del M5S” (Riccardi) o – tenetevi forte – “per la (loro) granitica convinzione di essere i depositari del vero e di poter assumere ogni decisione in totale solitudine“ (Grassi).

Risultato? Quelle due caselle in commissione – come racconta il Fatto – da gialle che erano si sono colorate di verde. E due perfetti sconosciuti entrati in Parlamento al galoppo del partito anti-casta per eccellenza hanno finito per diventare i voti decisivi per la restituzione del privilegio più indegno di tutti: il vitalizio a un condannato per corruzione. Con in più il doppio e prevedibile effetto non s0lo di aver “salvato” Formigoni, ma di aver creato un pericoloso precedente, grazie a cui tutti gli ex senatori pregiudicati potranno legittimamente ambire a vedersi restituito il vitalizio. E menomale che erano andati via per coerenza (la loro) e per il tradimento dei valori originari (degli altri).

A raccontare il loro singolare percorso ci ha pensato “Il Fatto Quotidiano”, che ricorda anche come “il privilegio” fosse stato “cancellato per i parlamentari condannati a pene detentive superiori ai 2 anni dalla delibera voluta da Pietro Grasso nel 2015. Quella delibera oggi è carta straccia, almeno a Palazzo Madama: erano queste le idee e i progetti che Riccardi e Grassi non riuscivano a esprimere nei 5 stelle? Non è dato saperlo.”

Lo stesso “Fatto” avanza un sospetto sulla improvvisa e “provvidenziale” conversione dei due transfughi grillini.

“Di sicuro nelle ultime ore nei corridoi del Senato inizia a diffondersi un sospetto” – si legge sull’edizione online del ‘Fatto’ – “Non è che Matteo Salvini ha programmato accuratamente la campagna acquisti della Lega? E che dunque le adesioni al Carroccio non sono state completamente casuali ma frutto di uno scientifico corteggiamento? Riccardi e Grassi, infatti, erano i due esponenti indicati dai 5 stelle negli organi che decidono sulle controversie interne a Palazzo Madama. La commissione Contenziosa, presieduta dal berlusconiano Giacomo Caliendo, è quella che per prima ha restituito l’assegno a Formigoni. Decisione confermata dalla consiglio di Garanzia, che è un po’ il tribunale d’appello di Palazzo Madama e come la prima è guidata da un esponente di Forza Italia, Luigi Vitali. “Purtroppo, sia all’interno della Commissione Contenziosa sia nel Consiglio di Garanzia, non siede alcun componente titolare esponente del MoVimento 5 Stelle, la forza politica che da sempre si batte contro questo odioso ed anacronistico privilegio”, ha fatto notare oggi Giuseppe Conte.”

Al di là dei sospetti e delle supposizioni, che andranno dimostrate, qui in gioco non c’è il legittimo cambio di opinione, né il (discutibile) vincolo di mandato, ma qualcosa che vale infinitamente di più: la decenza. Perché nella vita puoi anche cambiare idea, partito, financo visione del mondo, o – come nel loro caso – offrirti al miglior offerente, ma almeno ci risparmino questa intollerabile, ripugnante, ondata di ipocrisia.

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