Lo spread da Coronavirus ci costa due miliardi in più

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-13

100 punti spalmati su tutta la curva delle scadenze, secondo i calcoli realizzati dall’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ultima crisi dello spread, quella domestica del 2018, costano 1,8 miliardi il primo anno, 4,5 il secondo è 6,6 miliardi il terzo

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Lo spread innestato dall’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e peggiorato dalle sciagurate parole della presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde costa all’Italia già due miliardi di euro in più.

Lo spread da Coronavirus ci costa due miliardi in più

Spiegano Marco Rogari e Gianni Trovati sul Sole 24 Ore di oggi che il tracollo di ieri sui mercati finanziari ha gonfiato di 65 punti base il rendimento dei decennali. Ma rispetto ai livelli di metà febbraio, quando il Btp era riuscito ad attestarsi sotto la linea dell’1%, l’aumento degli interessi è di 100 punti base. E 100 punti spalmati su tutta la curva delle scadenze, secondo i calcoli realizzati dall’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ultima crisi dello spread, quella domestica del 2018, costano 1,8 miliardi il primo anno, 4,5 il secondo è 6,6 miliardi il terzo. E la tempesta arriva proprio mentre la quasi certa sospensione dei versamenti fiscali aumenta l’esigenza di emissioni di titoli per sostenere il fabbisogno di cassa.

La giornata di ieri, con lo tsunami innescato dalle timidezze delle indicazioni della Bce, mostra che non è tempo di numeri precisi, perché in uno scenario infiammato dal coronavirus le variabili sono troppe e troppo mobili. Anche per la finanza pubblica, che oggi presenta un quadro di fatto imparagonabile rispetto a quello offerto solo sabato scorso, quando è arrivato fulmineo il primo via libera di Bruxelles alla richiesta di flessibilità.

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La corsa dello spread (Il Sole 24 Ore, 13 marzo 2020)

Il prossimo appuntamento decisivo da questo punto di vista è oggi con la presentazione delle nuove linee guida della Commissione Ue sul Patto di stabilità. «La proposta rassicurerà cittadini e imprese», ha detto ieri il commissario all’Economia Paolo Gentiloni. Ma per raggiungere l’obiettivo dovrà mettere sul piatto non solo la sospensione del Patto prevista dalla clausola anti-crisi del regolamento 1466/97, ma anche risorse significative per gli aiuti diretti.

Senza questa doppia mossa la situazione apparirebbe infatti ingestibile per l’Italia. Perché il Def che nelle prossime settimane dovrà provare a mettere su carta il nuovo panorama si troverà di fronte numeri inediti. Sul calendario dei conti pubblici continuano infatti a pesare anche i 20,1 miliardi di aumenti Iva dal 1° gennaio collegati alle clausole di salvaguardia, improponibili per un’economia che avrà bisogno di tutta l’energia possibile per riprendersi da una recessione oggi decisamente difficile da misurare.

Con un disavanzo che già ora, con i 20 miliardi aggiuntivi appena approvati dal Parlamento all’unanimità, punta al 3,3% senza considerare gli effetti della gelata del Pil, basterebbe quindi la sola richiesta di rientrare nel tetto di Maastricht per generare una manovra monstre vicina ai 50 miliardi per frenare il deficit, evitare gli aumenti Iva e finanziare le spese indifferibili.

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