L’infermiera di Prato agli arresti domiciliari

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-27

Accusata di aver avuto una relazione con un ragazzo minorenne a cui impartiva ripetizioni. Il test del DNA ha provato che il suo neonato è figlio dell’adolescente

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È finita agli arresti domiciliari l’infermiera 31enne di Prato indagata per aver avuto una relazione con un ragazzo minorenne al quale impartiva ripetizioni scolastiche nel tempo libero, essendo impiegata come operatrice sanitaria. All’epoca dei fatti contestati alla donna, il ragazzo, che adesso ha 15 anni, non ne aveva compiuti ancora 14. L’infermiera di Prato al centro delle indagini è stata arrestata questa mattina ai domiciliari per pericolo di reiterazione del reato e pericolo di inquinamento delle prove. Lo ha riferito il procuratore capo di Prato Giuseppe Nicolosi, spiegando che la donna, nei giorni dell’indagine cominciata l’8 marzo scorso, avrebbe tentato nuovi approcci con la presunta vittima dei suoi reati. Inoltre, è stata accertata dalla procura, la frequentazione di siti con materiale pedopornografico da parte della 31enne. La perquisizione avvenuta questa mattina in casa dei due coniugi indagati ha riguardato il sequestro di materiali appartenenti ad entrambi.

L’infermiera di Prato agli arresti domiciliari

Dalla loro relazione, come avrebbe provato il test del Dna, il cui esito è stato tuttavia secretato dalla Procura, sarebbe nato anche un bambino che oggi ha 7 mesi. L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari è stata eseguita dalla polizia di Prato nelle prime ore di questa mattina. Le ipotesi di reato per la donna, che è difesa dagli avvocati Mattia Alfano e Massimo Nistri, sono di violenza sessuale su minore. Nei giorni scorsi la 31enne aveva resto dichiarazioni spontanee davanti ai pm della Procura di Prato.

Secondo quanto denunciato dai genitori del ragazzino nell’esposto che ha dato il via alle indagini la donna sarebbe arrivata quasi a un ricatto, decisa a tutto: anche a tenere il ragazzo legato a sé avvisandolo che avrebbe detto a tutti che il figlio era suo. Sconvolti dalla vicenda, i genitori hanno firmato la denuncia nei confronti di quella che credevano un’amica fidata, un’infermiera, conosciuta in palestra dalla madre del ragazzo: «Quella donna l’ha circuito, lo voleva per sé», dicono i genitori. La vicenda è provata, secondo l’accusa, dai messaggi che i due si sono scambiati:

I messaggi sono contenuti in due smartphone, quello consegnato ai poliziotti della squadra mobile dai genitori del ragazzo e quello sequestrato venerdì pomeriggio nell’abitazione dell’infermiera. In quei messaggi, come confermano due fonti qualificate che li hanno letti, ci sarebbero due evidenze: in primo luogo che tra il ragazzo e l’infermiera ci sono stati rapporti intimi; in secondo luogo che è stata la donna a dire a lui di essere incinta e che il figlio era suo, del ragazzo a cui dava lezioni e che all’epoca dei fatti non aveva ancora compiuto 14 anni.

L’infermiera di Prato e gli sms al 13enne

Secondo le accuse gli abusi sono iniziati un anno e mezzo fa, quando la donna si è offerta di dare ripetizioni di inglese al ragazzino. Le lezioni sarebbero in breve diventate solo un pretesto per approcci sempre più insistenti, poi tra i due sarebbe nata una relazione. Alcuni mesi fa, infine, l’arrivo del bambino. Lei è madre anche di un altro bambino. Secondo le cronache può anche nascere una battaglia per il riconoscimento:

Per la legge il padre resta lui a tutti gli effetti e non quello biologico (il ragazzino), come conferma al Corriere della Sera il presidente del Tribunale dei minori di Firenze, Luciano Trovato: «L’attribuzione della paternità è automatica ed eventualmente per disconoscere il figlio deve essere intrapresa un’azione legale». E se fosse il ragazzino a reclamare la paternità? «Come regola generale un minore che ha meno di 16 anni non può riconoscere un figlio — risponde Trovato— salvo autorizzazione. In questo caso il minore deve essere rappresentato da un genitore e autorizzato al riconoscimento. Poi si avvia un procedimento e un eventuale riconoscimento della paternità. Ma in questo caso ci sono due blocchi giuridici: l’età inferiore a 16 anni e l’esistenza di un altro padre, quello giuridico».

Intanto poco dopo le 20 del 13 marzo il profilo Facebook della signora sotto inchiesta per «atti sessuali» con un 14enne al quale dava ripetizioni d’inglese e dal quale ha avuto un figlio che oggi ha 7 mesi, scompare. Non ci sono più foto di lei, 31 anni, operatrice socio sanitaria in un Rsa per la cura degli anziani, del marito e dei due figli.

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