La storia del bimbo di Prato e dell’insegnante accusata di atti sessuali con un minorenne

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-10

Gli investigatori non vogliono parlare ma la sensazione è che i rapporti sessuali si siano davvero consumati. Si cerca anche di capire se l’infermiera avesse plagiato il bambino di Prato

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La notizia a Prato è deflagrata da ieri mattina, quando La Nazione ha raccontato la storia della donna di 35 anni che è accusata di atti sessuali con un bambino di 13. Ma è il dettaglio del figlio della donna, nato qualche tempo fa e secondo l’accusa figlio proprio del bambino, a rimanere impresso a tutti. Chi è davvero il padre del bambino dato alla luce qualche mese fa dall’infermiera pratese di 35 anni che aiutava quel bambino con i compiti?

La prova del DNA per l’infermiera di Prato

L’ipotesi di reato a carico dell’infermiera è quella di atti sessuali con minorenne, che presuppone un atto consensuale e che è punita con la stessa pena della violenza sessuale, perché secondo quanto è trapelato la relazione tra il ragazzo e l’infermiera sarebbe iniziata prima che il minore compisse 14 anni. La squadra mobile indaga su un periodo che va dal 2017 ai giorni nostri.

I genitori del quattordicenne, probabilmente sulla base di quello che ha raccontato loro (o si è lasciato sfuggire) il ragazzo, si sono convinti che il bambino partorito in autunno dall’infermiera fosse figlio di loro figlio. Lei invece nega su tutto il fronte, sia di aver avuto rapporti sessuali col quattordicenne, sia a maggior ragione che il padre del bambino sia il ragazzo. È tanto sicura che, stando ai suoi avvocati Mattia Alfano e Massimo Nistri, ha subito dato il consenso al confronto del Dna già disposto dalla procura.

La storia del bimbo di Prato e dell’insegnante accusata di atti sessuali con minorenne

Assistiti dall’avvocato Roberta Roviello, hanno portato anche il telefono del ragazzino contenente messaggi che proverebbero in modo inequivocabile la relazione. Il bambino, nato nell’autunno 2018, ha poco meno di un anno: l’analisi del DNA può togliere tutti i dubbi entro pochi giorni. «La famiglia della signora ha preso le dovute distanze dalle accuse che sono pesanti e non circostanziate — dicono gli avvocati della donna — abbiamo offerto subito la massima collaborazione agli accertamenti richiesti nell’interesse della verità e perché comprendiamo anche lo stato di agitazione e confusione in cui sarà caduta la madre del minore».

Chiede tutele per il ragazzo, invece, l’Ordine degli psicologi della Toscana: «Il motivo per cui avere atti sessuali con un minore sotto i 14 anni è sempre reato nasce per tutelare il sano sviluppo affettivo, psicologico e fisico del minore — dice la vicepresidente Christina Bachmann — anche quando c’è esplicita volontà da entrambe le parti». La donna frequentava la stessa palestra della mamma del piccolo, conosceva bene le lingue straniere e per questo ha cominciato a dare ripetizioni al 13enne. Da qui in poi la storia è tutta da accertare.

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