Attualità
Il figlio dell’infermiera di Prato e il rischio di una battaglia per il riconoscimento
neXtQuotidiano 13/03/2019
L’età non è un elemento secondario. Perché se il primo rapporto è avvenuto a 13 anni per l’insegnante scatta il reato di violenza sessuale, altrimenti si procede per quello di atti sessuali con minori (che comporterebbe pene più leggere)
Il figlio dell’infermiera 31enne di Prato e del ragazzino a cui dava ripetizioni potrebbe finire in una contesa legale per il suo riconoscimento. Essendo ormai appurato che non è figlio della persona che lo ha riconosciuto (e che rischia, se si provasse che era a conoscenza della vicenda, l’accusa di falso), dovrebbe essere riconosciuto dal 15enne ma ci sono molti ostacoli legali, in primo luogo la minore età che rende necessario il consenso dei genitori.
Il figlio dell’infermiera di Prato e il rischio di una battaglia per il riconoscimento
Intanto poco dopo le 20 di ieri il profilo Facebook della signora sotto inchiesta per «atti sessuali» con un 14enne al quale dava ripetizioni d’inglese e dal quale ha avuto un figlio che oggi ha 7 mesi, scompare. Non ci sono più foto di lei, 31 anni, operatrice socio sanitaria in un Rsa per la cura degli anziani, del marito e dei due figli. La Stampa ha pubblicato alcuni dei messaggi inviati dalla donna al ragazzino: «I miei e mio marito sanno già tutto, puoi dire ciò che vuoi…».
All’inizio del 2018 lei resta incinta e continuano a vedersi. «Ci disse che il figlio era d’un ragazzo al quale faceva lezione» ammettono le conoscenti dell’infermiera, entrate nell’indagine. La gravidanza si conclude nell’autunno del 2018 e la relazione sta precipitando. Lui, ora quindicenne, è turbato, distante: «Se mi lasci dico che il figlio è tuo» scrive la donna. Ma il percorso è segnato, i ruoli quasi si ribaltano, forse il ragazzino lascia intuire che ne parlerà a chi gli sta vicino. E così nel gennaio 2019 di nuovo l’infermiera inoltra il messaggio WhatsApp scoperto in queste ore: «Mio marito sa già tutto, puoi dire quello che vuoi…».
Per la legge il padre resta lui a tutti gli effetti e non quello biologico (il ragazzino), come conferma al Corriere della Sera il presidente del Tribunale dei minori di Firenze, Luciano Trovato: «L’attribuzione della paternità è automatica ed eventualmente per disconoscere il figlio deve essere intrapresa un’azione legale». E se fosse il ragazzino a reclamare la paternità? «Come regola generale un minore che ha meno di 16 anni non può riconoscere un figlio — risponde Trovato— salvo autorizzazione. In questo caso il minore deve essere rappresentato da un genitore e autorizzato al riconoscimento. Poi si avvia un procedimento e un eventuale riconoscimento della paternità. Ma in questo caso ci sono due blocchi giuridici: l’età inferiore a 16 anni e l’esistenza di un altro padre, quello giuridico».
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