Liberi e Uguali a rischio scissione sulle liste

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-01-26

La formazione di Grasso in lite perpetua per un argomento che ricalca i grandi ideali della sinistra: i posti in lista. Il caso (incredibile) di Pietro Bartolo che ha dovuto rinunciare alla candidatura e i maldipancia (ingiustificati) per Anna Falcone

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«Se le liste sono queste, allora tanti saluti, ci rivediamo il 5 marzo»: a parlare, secondo il Messaggero e altri, è Pippo Civati, leader di Possibile, terza gamba di Liberi e Uguali che già si è dissociato dalla scelta di appoggiare Nicola Zingaretti nel Lazio . Anche lui conferma che nella coalizione-movimento di Bersani, Grasso, Fratojanni & Co. la situazione è disperata ma non seria.

Liberi e Uguali a rischio scissione sulle liste

«Se le liste restano così ci riuniremo con il gruppo di Possibile e decideremo cosa fare. Al Sud non c’è nessuno di noi in lista, i nostri iscritti se ne stanno andando tutti. Se servivo solo per una foto di gruppo me lo potevano dire prima», dice Civati secondo La Stampa rivelando meglio quale sia il vero problema: ovvero che non ci sono posti in lista per i suoi. Insomma, uno degli ideali più sentiti della sinistra italiana, ben rappresentata dall’idealità di Civati, sarebbe a rischio: il posto in lista.
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E ce ne sarebbe anche un altro, a quanto pare: a sua insaputa lo stesso Civati “è stato spostato da Monza, il suo collegio storico, a Brescia, terra infida per le sorti civatiane e molto molto leghista.«E’ la legge del paracadute», gli hanno sussurrato allargando le braccia, nel senso che LeU, con un differenziale enorme tra uscenti (un centinaio) e possibili rientranti (da venti a trenta), è alle prese con l’improba operazione di garantire i leader con ogni mezzo, in primis il paracadute, che significa far piombare il nome da garantire ovunque ci sia possibilità di elezione”, racconta il Messaggero. Insomma, non solo sono a rischio i posti in lista degli iscritti di Civati (VERGOGNA!11!), ma addirittura il collegio di Civati. Un’emergenza democratica che Berlinguer non avrebbe mai accettato.

Il caso di Pietro Bartolo

A parte le paturnie (e l’attention-whoring) di chi non vorrebbe mai stare in un club che accogliesse tra i membri gente come lui, che ci siano problemi nelle liste di Liberi e Uguali è vero. Ieri il medico di Lampedusa Pietro Bartolo, presentato come il fiore all’occhiello di una sinistra accogliente, si è ritrovato candidato in Lombardia, all’altro capo della penisola, sicché ha rinunciato al seggio virtuale: «Rimango a Lampedusa, amo quest’isola, c’è bisogno di me».
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Questo è un vero problema per la formazione di Grasso: il fatto che per garantire paracadute su paracadute rischia di perdersi le candidature della vera società civile. E ieri dalle parti di Grasso è scoppiato anche il caso Abruzzo, dove i componenti la delegazione hanno lasciato il tavolo al grido di «fascisti» (l’hanno proprio scritto in un comunicato ripreso dall’Huffington Post, «metodi fascisti»), e hanno spiegato: «In Abruzzo al massimo LeU eleggerà mezzo deputato, ma in compenso hanno tolto un abruzzese come Gianni Melilla – uno che macina record di produttività in Parlamento – per far posto, nei due collegi della Regione, a Celeste Costantino, calabrese eletta in Piemonte, e a Danilo Leva, molisano e dalemiano».

La società civile e le primarie

Ci sono poi proteste intorno al nome di Anna Falcone, che però, a differenza dei tanti che sono arrabbiati per i posti in lista, un suo seguito ce l’ha ed è una candidatura che porta voti. A quanto pare sarà presentata insieme a Pierluigi Bersani come capolista del proporzionale e ieri ha ricevuto gli auguri di Tomaso Montanari, suo co-leader al Brancaccio.
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Il problema di LeU sta proprio alla radice delle decisioni di oggi: a differenza di altri, la coalizione di movimenti che si è riunita attorno a Pietro Grasso non ha ritenuto di dover fare le primarie o di utilizzare un metodo democratico di scelta dei candidati, affidandosi così alle trattative tra leader: soltanto il voto avrebbe potuto misurare la reale attrattiva di un candidato rispetto a un altro e avrebbe evitato l’azione delle catapulte: non si è fatto. Ora chi è causa del suo mal, pianga sé stesso.
 

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