Le tre opzioni di Renzi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-12-11

Il politologo D’Alimonte sul Sole 24 Ore spiega cosa può fare l’ex premier e perché gli conviene stare fermo adesso

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Roberto D’Alimonte, politologo e sostenitore della riforma della Costituzione naufragata con il governo Renzi il 4 dicembre, scrive oggi un editoriale sul Sole 24 Ore in cui analizza le opzioni a disposizione di Renzi, definito l’Amleto della politica italiana:

La prima è quella di non fare niente. Stare alla finestra e vedere che succede. Non partecipare al congresso, non sostenere alcun candidato tra quelli in corsa, non avanzare proposte se non quella di dire no al dialogo con il M5s. La conseguenza è quella di prolungare indefinitamente l’incertezza che paralizza il Pd. Dentro il partito Renzi conta ancora.

Chi ha seguito l’ultima Leopolda, come il sottoscritto, se ne è reso perfettamente conto. Una parte non piccola del Pd si riconosce ancora in lui. Le sconfitte referendarie ed elettorali lo hanno indebolito, ma per molti resta ancora l’unico vero leader del partito. Chiunque vinca la corsa alla segreteria dovrà fare i conti con questa realtà. Il risultato è che in queste condizioni il prossimo congresso non riuscirà a rilanciare il Pd e a farne l’opposizione efficace di cui la nostra democrazia ha bisogno.

La seconda opzione è quella di correre lui stesso per la segreteria sfruttando il consenso che ha all’interno del partito. Opzione che tuttavia ieri sera sembrava ormai uscita dalla scena per bocca dello stesso Renzi («grazie, ma non lo farò»). Sarebbe ad ogni modo la quarta volta. Il bilancio delle precedenti tre primarie è di una sconfitta, quella contro Bersani nel 2012, e due vittorie, nel 2013 contro Cuperlo e Civati, e nel 2017 – dopo la sconfitta referendaria e le dimissioni dal governo – contro Orlando e Emiliano.

Non è detto che l’impresa non gli possa riuscire anche questa volta. Non abbiamo dati attendibili per valutare quante possibilità abbia di vincere. Possiamo però dire che la sfida con Zingaretti sarebbe avvincente. Soprattutto farebbe emergere chiaramente le due alternative che il Pd ha davanti: quella laburista alla Corbyn o quella centrista alla Macron.

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I sondaggi sul partito di Renzi (Il Sole 24 Ore, 11 dicembre 2018)

La terza opzione è fare un nuovo partito. È quella di cui si vocifera in questi giorni. È la scelta più difficile e anche la più complicata. Fino ad oggi Renzi ha sempre respinto questa ipotesi. Lo ha fatto anche dopo le primarie perse contro Bersani, quando molti lo spingevano a uscire dal Pd e a fare una cosa sua. Allora avrebbe anticipato Macron. Ma non se la sentì.

Le sfide organizzative non gli piacciono. Voleva conquistare il Pd e così è stato. Pensava che diventare segretario del partito e poi presidente del Consiglio sarebbe bastato per fare del Pd la forza egemone nel Paese. Ma così non è stato. Le elezioni europee del 2014 sono state una illusione fatale per molti motivi. Adesso la questione si ripropone, ma i tempi sono cambiati. Renzi non è più quello del 2013. Però un pensierino forse lo sta facendo.

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