Le Iene, Danilo Di Luca e la spettacolarizzazione del doping nel ciclismo

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-05-03

Sbagliano le Iene e Di Luca a dire che nel ciclismo tutti sono dopati, sbagliano quelli che credono che sia tutto come negli altri sport. Come sempre fare di tutta l’erba un fascio non aiuta il dibattito

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Venerdì parte il Giro d’Italia, ieri le Iene hanno mandato in onda un’intervista a Danilo Di Luca vincitore del Giro nel 2007, positivo al CERA nel 2009 e per questo motivo squalificato per due anni. Nel 2013 Di Luca viene trovato positivo all’EPO e diventa così il primo ciclista italiano a vedersi infliggere dalla Federazione una squalifica a vita. Nella breve intervista Di Luca dice sostanzialmente una cosa ovvero che non puoi fare ciclismo ad alto livello senza essere un dopato.

Danilo Di Luca alle Iene: tutti i ciclisti sono… di next-quotidiano

De Luca: tutti i ciclisti sono dopati

Ci sono delle prove a sostegno di questa affermazione? Nell’intervista non vengono presentate. E non si sa se nel libro di Di Luca – uscito qualche giorno fa – ci siano prove concrete. Mi permetto di dubitare che ci siano, altrimenti sarebbero magicamente apparse anche a corredo dell’intervista all’ex-ciclista che, in virtù della sua decennale carriera nel ciclismo professionistico può invece contare su numerosi aneddoti e storie di vita vissuta. In primo luogo la sua, visto che è stato trovato positivo al doping in due occasioni. E di sicuro Di Luca, ora che è squalificato a vita e non ha nulla da perdere può raccontare di essere stato un dopato di successo. Non fino in fondo però, perché quando gli viene chiesto se nel 2007 fosse dopato si limita a dire di aver vinto il Giro “stando alle regole dell’antidoping” pur essendosi dopato per quasi tutta la sua carriera. Una risposta furba, verrebbe da dire. Lo scopo dell’intervista dell Iene non era senza dubbio quello di denunciare l’uso del doping nel ciclismo, del resto non è nemmeno l’obiettivo del libro di Di Luca dal momento che le sue opinioni sono facilmente criticabili (è rancoroso, lo fa ora che è stato squalificato per sempre, avrebbe dovuto farlo quando vinceva, etc). L’obiettivo delle Iene è quello di fare ascolti. Questo è quello che hanno sempre fatto, ed è l’unica cosa chiara e semplice di un programma che va in onda su una televisione commerciale. Per farlo le Iene non sono mai andate troppo per il sottile e anche in questo caso, dando voce solo a Di Luca hanno preferito fare di tutta l’erba un fascio. Del resto, dopo la vicenda del doping di Pantani dei Tour de France revocati a Lance Armstrong (per tacere delle numerose inchieste sull’uso di sostanze dopanti tra i ciclisti di punta) parlare di doping nel ciclismo è diventato uno sport facile come sparare sulla Croce Rossa (è uno sport vero?). Ma ovviamente è sbagliato – e non ha nemmeno senso ai fini della lotta al doping – dire che i ciclisti sono tutti dopati. Certo, stando alle statistiche della WADA per il 2014 il ciclismo figura tra gli sport dove più vengono riscontrate violazione alle norme anti-doping.

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Fonte: WADA

Ma se guardiamo il numero di casi riscontrati rispetto al numero di campioni di sangue e urine analizzati vediamo che il numero è sì alto ma non riguarda la totalità di tutti i professionisti. Non si può certo dire che tutti quelli che vincono sono dopati, semplicemente perché al momento non ci sono le prove per poterlo dire. Lo si può dire al bar, lo si può dire nei commenti su Facebook ma dirlo in televisione significa farsi carico delle responsabilità derivanti da un’affermazione del genere.
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Ah, in Italia il Ciclismo è la disciplina dove nel 2014 sono state registrate più violazioni. Di nuovo, non vuol dire che tutti i ciclisti siano dopati, ma se non altro contribuisce a spiegare perché una parte dell’opinione pubblica tenda ad avere questa percezione distorta del fenomeno. Del resto che il ciclismo abbia un problema lo ha riconosciuto la stessa Federazione Internazionale (UCI) che sta facendo degli sforzi per rinnovarsi (che per la WADA non sono però ancora sufficienti). La stessa Federazione il cui presidente si era fatto aiutare dagli avvocati di Armstrong nella stesura di un rapporto “indipendente” (il cosiddetto Vrijman Report) per scagionare lo stesso Armstrong dalle accuse di doping.
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La reazione della parte sana del ciclismo

Ma il ciclismo è uno sport eroico nel quale gareggiano e credono anche tante persone che con il doping non hanno fortunatamente nulla a che fare. Sono le persone che si sono ritrovate nelle parole di Moreno Moser che ieri su Facebook ha accusato Di Luca e le Iene di farlo solo per i soldi e ha paventato addirittura l’esistenza di un piano per fare concorrenza alla RAI (che trasmetterà il Giro). Coincidenze?
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Alle critiche di Moser si sono aggiunte anche quelle di Mattero Moratti, uno degli admin della rinomata pagina Facebook “La fabbrica del degrado” (che tanto ha dato al mondo della cultura) che ha pubblicato un lungo post per spiegare alle Iene che così non si fa.

Matteo si chiede giustamente che senso abbia mandare in onda un’intervista del genere e quale sia il suo valore educativo. A cosa serve dire – si chiede – che è tutto uno schifo e che tutti sono dopati e corrotti? Non so bene quale possa essere lo scopo, a qualcuno è servito in più occasioni per andare in Parlamento. Ci si chiede poi retoricamente da chi sia pubblicato il libro – Piemme, che è di proprietà della Mondadori e quindi Berlusconi, come quasi il 30% dei libri pubblicati in Italia – e se questo serva a fare informazione. Ed è vero, senza dare agli spettatori numeri, cifre e un confronto con le altre discipline sportive è facile far passare l’immagine del ciclismo come uno sport per dopati. Non sarebbe nemmeno servito un contraddittorio, sarebbe bastato fare una piccola introduzione per spiegare chi è Di Luca, che cosa è il passaporto biologico (che tutti gli atleti devono avere) e come funzionano i controlli anti-doping. Poi ognuno si sarebbe giustamente potuto fare la sua opinione. Quella delle Iene non è una denuncia sociale, ovviamente, è solo uno spot al programma. Certo, lamentarsi di questo meccanismo da una pagina che ha prodotto i peggio cancri dell’Internet (infierendo ad esempio su un poveraccio che bestemmiava andando in bicicletta) e diffuso certi “archivi” non proprio pulitissimi dal punto di vista legale non aiuta a fare i moralisti. Fabbrica del degrado it’s time to stop posting.
 

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