Il mistero del sangue di Marco Pantani

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-03-30

L’ipotesi di complotto della camorra è stata archiviata per prescrizione dei reati. Ma per dieci anni i dati del ciclista hanno presentato anomalie curiose e inspiegabili. La lettera dimenticata del capo dell’antidoping al Coni

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Nelle scorse settimane la teoria del complotto su Marco Pantani ha acquisito ulteriori elementi di “prova” con lo scopo di alterare le analisi del sangue a Madonna di Campiglio per poi escluderlo dal Giro d’Italia che stava dominando. La Procura di Forlì ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta perché i reati ipotizzati sono comunque prescritti.

Il mistero del sangue di Marco Pantani

Ma l’inchiesta ha trovato grande eco mediatica a causa una telefonata di un detenuto vicino alla Camorra e ad ambienti legati alle scommesse clandestine con un parente. L’intercettato sarebbe la persona che, secondo Renato Vallanzasca, gli confidò in prigione quale sarebbe stato l’esito del Giro del ’99, ovvero che Pantani non avrebbe finito la corsa. Sul presunto complotto indagano la Procura di Forlì e atti sono stati trasmessi anche alla Dda di Bologna. Il detenuto nella telefonata racconta di essere stato interrogato sulla morte di Pantani: “All’epoca dei fatti, nel ’99, loro (i Carabinieri, ndr) sono andati a prendere la lista di tutti i napoletani che erano…” in carcere “insieme a Vallanzasca. E mi hanno trovato pure a me – spiega – Io gli davo a mangià. Nel senso che, non è che gli davo da mangiare: io gli preparavo da mangiare tutti i giorni perché è una persona che merita. È da tanti anni in galera, mangiavamo assieme, facevamo società insieme”. Vallanzasca, ricorda il detenuto, ha fatto dichiarazioni “dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: ‘Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla fine. Perché sbanca tutte ‘e cose perché si sono giocati tutti quanti a isso. E quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani. Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma”. E quando il parente domanda “Ma è vera questa cosa?”, la risposta è “Sì, sì, sì… sì, sì”. Solo che c’è un problema in questa ricostruzione. O meglio: a prescindere dal presunto complotto che ha colpito Pantani a Madonna di Campiglio, c’è un dato di fatto: per dieci anni i valori del sangue del campione hanno presentato anomalie. Ed è impossibile credere a un complotto durato dieci anni sulla pelle del campione.

Pantani e l’eritropoietina 

Marco Bonarrigo sul Corriere della Sera oggi illustra infatti i contenuti dei faldoni dei tribunali di Trento e di Forlì, che si sono occupati dell’ematocrito alto di Pantani a Madonna di Campiglio e alla Milano-Torino. E le carte dimostrano come il sangue di Pantani sia stato “un mistero in dieci anni di carriera”:

Lo dicono i file dell’Università di Ferrara (dominus Francesco Conconi) dove Pantani si recò regolarmente dal 1992 al 1996. Conservati a suo nome o con curiosi pseudonimi (Panzani, Panti, Ponti, Padovani…) mostrano oscillazioni impressionanti: l’ematocrito passava dal 41-42% al 52-56% con una coincidenza perfetta tra qualità dei risultati ottenuti e valori alti. E quando Pantani viene ricoverato alle Molinette dopo lo spaventoso incidente alla Milano-Torino, il suo 60,1%, fisiologicamente inspiegabile per i periti, costringe i medici a somministrargli litri di diluente per scongiurare una trombosi. Del controllo di Campiglio ora a tutti vengono in mente dettagli inediti.
Ma, interrogato dagli inquirenti, il medico di Pantani, Roberto Rempi, ammise che l’atleta si controllava da solo il sangue, che l’ematocrito la sera prima era altissimo (tra 48 e 49) e Marco totalmente fuori controllo dal punto di vista sanitario. Su Campiglio rispunta l’accurata e documentata perizia dell’Università di Parma: il Dna del sangue era di Pantani, il diluente nella provetta non ebbe effetto sul risultato mentre «l’assunzione esogena di eritropoietina artificiale» spiegava «virtualmente i parametri modificati nel campione di sangue 11.440».

In più c’è il racconto di Pasquale Belotti, che all’epoca era responsabile della commissione scientifica antidoping e che inviò una lettera personale e non protocollata al segretario generale del Coni e alla Federciclismo:

Scriveva Bellotti: «Il quadro ematologico di Pantani, verificato ieri a Salice Terme, è estremamente preoccupante. Il regolamento attuale non ci consente di bloccarlo, ma 3 dei 5 parametri sono fortemente alterati e pongono a rischio la sua salute». Pantani aveva ematocrito al 49% e ferritina da malato: 1.019 ng/mL. La federazione rispose affermando che l’atleta aveva superato tutti i controlli antidoping. Il Coni, risentito, invitò Bellotti a occuparsi di altro. Marco Pantani, lui, mentalmente era forse già un ex atleta.

Un racconto che si intreccia con quello di Paolo Zuliani sul Fatto nel 2014e che parte dal processo a Conconi, che fu il primo a somministrare Epo a Pantani negli anni dal ’93 al ’95.

Nel file DLAB sequestrato nel suo computer a Ferrara si vede come nel ’94 l’ematocrito di Pantani passa da 40,7 (prima del Giro) a 54,5 (durante il Giro). Pantani esplode, vince il 4 giugno a Merano, il 5 sul Mortirolo e il 13 giugno, all’indomani della conclusione, il suo ematocrito è da ricovero: 58%. Poi Marco va al Tour e finisce terzo. Al ritorno dalla Francia Conconi lo “testa” e l’ematocrito è assestato a 57,4. Gli sbalzi di valori di Pantani, dovuti al pompaggio di Epo, sono drammatici: come il ricovero al Cto di Torino, dopo la caduta alla Milano-Torino del ‘95, evidenzia (valori oltre il 60%). È triste dirlo, ma Pantani passa tutta la carriera con l’Epo nel sangue: parlare di complotto per il fattaccio di Madonna di Campiglio, il 5 giugno 1999, è quindi una presa in giro. Anche perché Marco, l’anno prima, ha vinto il Giro in modo strano.
Come ci raccontò Ivano Fanini in un’intervista uscita su Panorama nel 1999, “nessuno sa che anche l’anno prima, al Giro del ’98, Pantani avrebbe dovuto essere mandato a casa. Invece al posto suo fu cacciato Riccardo Forconi, un gregario. Che il giorno dopo, visto che era un mio ex corridore – era stato con me 6 anni all’Amore & Vita – venne a trovarmi in ufficio e mi raccontò tutto: “Hanno fatto uno scambio di provette e hanno mandato a casa me, che alla Mercatone sono l’unico ad avere i valori bassi”. Riccardo era un modesto gregario, uno da 20-30 milioni di lire l’anno. Beh, dopo quell’episodio, e quella squalifica, si è costruito una villa sulle colline di Empoli: e si è fatto una posizione”.
Per la cronaca: Pantani vinse quel Giro con 1’33” di vantaggio su Tonkov, russo della Mapei. La mattina della cronometro finale, che Pantani corre come una moto (lui scalatore finirà terzo), dopo un controllo a sorpresa di tutta la Mercatone Uno, il gregario Forconi, centesimo in classifica, viene mandato a casa con l’ematocrito oltre i 50: il tutto l’ultimo giorno e prima di una crono in cui non avrebbe nemmeno dovuto aiutare il suo capitano. Strano, non vi pare?

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