Le grandi idee di Tridico, il presidente dell’INPS che il mondo ci invidia

di Elio Truzzolillo

Pubblicato il 2019-11-11

Non abbiamo particolari simpatie per Renzi ma gli saremo sempre grati per avere posto a capo dell’INPS una persona di grande spessore e competenza come Tito Boeri. Attualmente, invece, abbiamo Pasquale Tridico, nominato dal governo Conte I in quota M5S. Il Prof. Tridico, considerato uno degli ideologi del reddito di cittadinanza, fu addirittura indicato come ministro …

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Non abbiamo particolari simpatie per Renzi ma gli saremo sempre grati per avere posto a capo dell’INPS una persona di grande spessore e competenza come Tito Boeri. Attualmente, invece, abbiamo Pasquale Tridico, nominato dal governo Conte I in quota M5S. Il Prof. Tridico, considerato uno degli ideologi del reddito di cittadinanza, fu addirittura indicato come ministro del lavoro da Di Maio alla vigilia delle politiche del 2018, poi come sappiamo il dicastero fu avocato a sé dallo stesso Di Maio. Tridico è un tipo generoso e non risparmia mai i suoi consigli alla politica per dissestare ulteriormente i conti pubblici e aumentare la spesa.

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Può essere utile ripercorrere alcune sue “rivoluzionarie” idee prima di arrivare alle sue ultime esternazioni. Tridico fu quello che vide nel reddito di cittadinanza un’eccezionale opportunità per fare più deficit, infatti appartiene a quella scuola di pensiero per cui più deficit si fa meglio è. Per capire l’ideona del presidente dell’INPS bisogna spiegare il concetto di output gap. L’output gap è la differenza tra il PIL effettivo e quello potenziale, cioè quello che si avrebbe in condizioni ottimali (mi perdonino gli economisti se semplifico). Se questa differenza è molto alta la UE autorizza un deficit maggiore perché significa che uno stato attraversa una difficoltà ciclica e non strutturale. Nel calcolo dell’output si tiene conto anche del livello di disoccupazione. Ecco quindi la furbata: tramite il reddito di cittadinanza molto inattivi potrebbero diventare disoccupati (cioè attivamente in cerca di lavoro) aumentando la percentuale di disoccupazione, questa farebbe crescere l’output gap e la possibilità di fare ulteriore deficit. A parte il fatto che inventare trucchetti contabili per fare più deficit è un suicidio, perché la cosa funzioni è necessario supporre che i commissari UE e gli operatori dei mercati abbiano l’anello al naso, che il reddito di cittadinanza aumenti il tasso di disoccupazione (ma non doveva diminuirlo?) e, infine, bisogna non aver capito bene il modo in cui l’output gap viene calcolato (in questo video Thomas Manfredi e Michele Boldrin spiegano perché nel medio periodo la cosa potrebbe avere addirittura l’effetto contrario). Un’altra proposta all’avanguardia su cui Tridico è tornato più volte è il vecchio sogno della riduzione dell’orario di lavoro (a parità di stipendio sia chiaro) per combattere la disoccupazione. Non bisognerebbe perdere troppo tempo per spiegare perché è un’idea balzana che guarda caso viene ciclicamente riproposta con alcune varianti ma mai applicata. C’è un’ampia letteratura sull’argomento e semplicemente la cosa non funziona. Tutto questo senza contare le risorse che lo stato dovrebbe spendere per sussidiare le imprese, ma se queste risorse esistessero non si farebbe prima a tagliare il cuneo fiscale a favore delle imprese medesime permettendole di assumere di più? Può essere interessante seguire il ragionamento del presidente dell’INPS. Egli nota che il monte ore lavorato in Italia è di 1723 ore contro, ad esempio, le 1514 della Francia e le 1356 della Germania. Non sarà mica che da noi c’è troppa disoccupazione perché la gente lavora troppo? A Tridico evidentemente non è chiarissimo il concetto di produttività del lavoro, ma passiamo oltre e vediamo l’ultima sensazionale proposta.

pasquale tridico
Da Il Sole 24 Ore del 22 gennaio 2019

In un’intervista al Corriere della sera di ieri, oltre ad altre amenità, Tridico ripropone un altro mantra che piace tanto a chi non vuole affrontare i problemi strutturali del paese: la mitica tassa sui robot. La tassa servirebbe per finanziare la flessibilità delle pensioni dopo il 2021 quando finirà quel costoso regalo a pochi fortunati che va sotto il nome di Quota 100. C’è un piccolo problema: tassare i robot significa tassare ulteriormente le imprese perché i robot sono macchine e non hanno un reddito proprio con cui pagare le tasse. Lo so che vi sembra ovvio ma è meglio precisarle certe cose perché a qualcuno certi concetti non sembrano proprio chiarissimi. Inoltre in un paese dove la produttività è drammaticamente stagnante verrebbe tassata proprio quella componente da cui è più dipendente la sua crescita. Avremmo in pratica una tassa sulla crescita della produttività, geniale vero? La cosa buffa sarebbe che mentre lo stato con una mano sussidia le imprese con il piano Impresa 4.0 per favorire l’acquisizione di robot (trattasi dell’ex Industria 4.0 perché se non cambiano nomi ogni anno non si divertono) con l’altra mano dovrebbe tassare quegli stessi robot di cui ha sussidiato l’acquisto. Vi pare serio? Probabilmente no ma nel fantastico mondo di Tridico tutto è possibile

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