Le domande di Milena Gabanelli a Gallera e Fontana sulla strage in Lombardia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-15

Non è una situazione nella quale ci si può permettere di fare gli schizzinosi al solo fine di rivendicare poteri personali. Chi è morto in corsia, sacrificato per colpe non sue, non pensava né alla propria sedia né alla propria carriera

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Milena Gabanelli e Simona Ravizza firmano oggi un articolo sul Corriere della Sera che riepiloga le tante domande di questi mesi sulla risposta di Regione Lombardia all’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19. Sul territorio l’epidemia si è allargata alla velocità della luce e a oggi sono morti 11 lombardi ogni 10 mila abitanti, contro i 6 dell’Emilia-Romagna e i 2 del Veneto. Dai dati dell’Istat e del ministero della Salute emerge che a Milano stanno morendo quotidianamente 90 residenti contro i 30 dell’anno scorso, a Bergamo 21 contro 4, a Brescia 20 invece di 5. Il primo punto riguarda le rianimazioni in crisi:

A ridosso del 21 febbraio, con i posti letto delle Terapie intensive sottodimensionati (8,5 su 100 mila abitanti contro i 10 dell’Emilia e del Veneto) e il 30% in gestione alla Sanità privata convenzionata, la Regione deve contrattare la loro attivazione con gli ospedali privati in un momento in cui il fattore tempo è determinante. Mentre tutti gli sforzi si concentrano nel potenziare il sistema ospedaliero davanti all’ondata di pazienti in gravi condizioni, ai primari non arrivano disposizioni chiare e al personale medico mancano i dispositivi di protezione.

Poi c’è la strage delle case di riposo, che paga il prezzo del ritardo nella chiusura delle visite dei familiari (dal 4 marzo), la decisione di mandarci i pazienti positivi meno gravi per liberare i posti in ospedale (delibera regionale dell’8 marzo), il mancato sostegno nell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione, oltre alla scarsa formazione del personale di queste strutture in difficoltà a gestire un’emergenza simile.

La Lombardia, che più di ogni altra invoca da sempre l’autonomia, è la Regione che dall’inizio dell’epidemia la esercita meno. Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo vengono spese intere giornate a convincere il governo di Giuseppe Conte a prendere provvedimenti per blindare l’Italia ma, pur sapendo l’urgenza di chiudere Nembro e Alzano nella Bergamasca, il governatore Attilio Fontana e l’assessore Giulio Gallera aspettano il decreto della Presidenza del Consiglio del 7-8 marzo.

Certo i sindaci, a partire da Giorgio Gori, e le aziende erano contrarie ai provvedimenti restrittivi, ma il governatore e il suo assessore sapevano a quali rischi stavano esponendo la popolazione e quindi potevano e dovevano decidere diversamente.

E qui si può ipotizzare che proprio la volontà di non andare contro il mondo produttivo abbia convinto Gallera & Fontana a provare a mandare avanti il governo.

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Ci sono poi le giravolte sui tamponi, perché prima decidono di eseguirli solo sui plurisintomatici seguendo la disposizione del ministero, così come la scelta di aumentarli è frutto di una disposizione del governo. La Regione ha puntato tutto sull’ospedale alla Fiera di Milano che oggi ospita dieci malati mentre i posti letto dovevano essere seicento. Il nosocomio è costato la bellezza di 21 milioni di euro. Ma oggi, dice Gallera, “non serve”. Infine c’è l’incognita della riapertura:

Chi ha chiuso l’attività si presume che abbia messo in atto un piano di distanziamento sociale e riorganizzato gli spazi nelle mense, ma chi non ha mai chiuso, che piani di sicurezza ha?L’assessore alle Attività produttive ha deciso il da farsi o attende indicazioni da Roma? Anche la mobilità andrà completamente riorganizzata in città dove ci si sposta sui mezzi pubblici. Intanto oggi tutto sembra morto: tutti chiusi in casa ad aspettare, davanti ad un computer o una tv. Pure il sindaco Giuseppe Sala sta giocando solo nelle retrovie.

Ricordiamo che la Lombardia è la regione più ricca d’Europa e che Milano è piena di eccellenze: il Politecnico, la Bocconi, istituti di ricerca e analisi, imprenditori inarrendevoli, qualche banchiere illuminato, Fondazioni, e una grande rete di volontariato. Chiamate a raccolta le menti migliori, ma solo tre o quattro non una ventina, e fatevi aiutare a elaborare una strategia di uscita. Cominciate a scommettere su qualcosa. Bisogna fare i test sierologici, e subito. E quelli validati arriveranno a ore. Non è una situazione nella quale ci si può permettere di fare gli schizzinosi al solo fine di rivendicare poteri personali. Chi èmorto in corsia, sacrificato per colpe non sue, non pensava né alla propria sedia né alla propria carriera.

Leggi anche: «La Regione Lombardia con i malati di COVID-19 nelle RSA ha provocato un aumento dei morti»

 

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