Economia
Quei lavoratori fragili dimenticati dal governo (e dai sindacati)
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2020-08-11
Durante l’emergenza Coronavirus erano stati lasciati a casa in smart working per prudenza con una formula che non andava a intaccare sulla malattia ordinaria. Ma ora il governo si è dimenticato di loro. E i sindacati latitano
Si definiscono lavoratori e fragili e sono migliaia. Si tratta di tutte quelle persone che hanno subito un trapianto, sono immunodepressi oppure hanno patologie che rendono difficile lavorare. Durante l’emergenza Coronavirus erano stati lasciati a casa in smart working per prudenza con una formula che non andava a intaccare sulla malattia ordinaria. Ma ora il governo si è dimenticato di loro.
Quei lavoratori fragili dimenticati da governo e sindacati
Il Decreto Rilancio licenziato dal governo a maggio tutelava i lavoratori con gravi patologie o immunodepressione: con l’articolo 26 veniva portata al 31 luglio 2020 la data entro la quale, “per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104, nonché ai lavoratori portatori di handicap con connotazione lieve (Art.3, comma 1°), in possesso altresì di certificazione rilasciata dagli competenti organi medico legali attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie è equiparato al ricovero ospedaliero, come già previsto dall’art. 26 comma 2° del Decreto Cura Italia”.
Questo voleva dire che la formula non andava a intaccare la malattia ordinaria perché quello status ha il cosiddetto periodo di comporto, ovvero un lasso di tempo in cui il lavoratore pur assente dal lavoro ha il diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro, concluso il quale possono essere licenziati. La decisione serviva anche a evitare che i pazienti dovessero usufruire dei giorni di malattia, che per questa tipologia di lavoratori vengono già abbondantemente utilizzati. Il decreto aveva come data di scadenza il 31 luglio. E nelle iniziative legislative del governo Conte non c’è stata alcuna proroga.
Lavoratori fragili: al lavoro senza tutele
Quindi oggi si verifica questa situazione: i lavoratori fragili si trovano sprovvisti di tutela a partire dal primo agosto e alcuni devono ricorrere alle ferie o ai periodi di malattia ordinaria perché i medici delle aziende hanno dichiarato che non possono lavorare fino a quando non finisce l’emergenza COVID-19. Paradossalmente se tornassero al lavoro nonostante il parere del medico competente potrebbero essere sanzionati. Chi tra loro ha già usufruito dei periodi di ferie disponibili o ha esaurito il periodo di comporto invece rischia addirittura di perdere il lavoro per giusta causa (anche se questo, secondo l’IPSOA, andrebbe contro le leggi). Se invece tornasse a lavoro potrebbe rischiare addirittura il contagio. E questo costituirebbe una beffa nella beffa. E non solo, come racconta a neXtQuotidiano una dottoressa che lavora in un’ospedale della Toscana: “Sono da anni una paziente immunodepressa, in terapia salvavita. Il medico competente mi ha detto che non posso andare al lavoro (in epoca Covid-19 non ancora conclusa) – sono un medico e dovrei fare attività di reparto e ambulatoriale a contatto con i malati – anche a causa di un abbassamento significativo dei globuli bianchi. Però finita la tutela data dall’articolo 26 sono stata costretta a prendere ferie e ora dovrò prendere un periodo di malattia ordinaria. Nessun sindacato si è prodigato in questo periodo per svegliare la politica da questo sonno operativo. I medici competenti senza decreto in materia hanno le mani legate e consigliano la malattia ordinaria. Siamo pazienti a rischio e ci dimenticano in un angolo”.
«Ci appelliamo al ministro Speranza e al Parlamento – ha detto ad Avvenire Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – affinché, alla ripresa dei lavori parlamentari, si ponga rapidamente rimedio a questo “pasticcio” che sta già creando forti disagi proprio a quella categoria di lavoratori che dovrebbe essere tutelata di più rispetto agli altri perché in condizioni di fragilità». «Già a maggio ci eravamo mobilitati affinché fossero prorogate le misure e si sburocratizzasse l’iter, prevedendo che anche il medico di famiglia potesse rilasciare la certificazione della condizione di rischio; allora eravamo stati ascoltati. Oggi siamo “spiazzati” da questa assurda decisione che già dal 1° agosto ha avuto come conseguenza il rientro al lavoro di moltissimi lavoratori fragili, pur essendo prorogato lo stato d’emergenza e quindi rimanendo invariate le potenziali situazioni di rischio».